lunedì 31 gennaio 2022

Reitano e Sinatra, la coppia che non ti aspetti

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Mino Reitano era il quinto Beatles e non lo sapeva, la storia che ho raccontato con documenti inediti a cominciare dalla foto del locale di Amburgo dove lui si era esibito insieme ai futuri Fab Four, è tornata d'attualità e clamorosamente in prima serata tv, per il monologo sull'argomento che Enrico Brignano ha tenuto nella sua trasmisssione "Un'ora sola ti vorrei" su Rai 2.

Il comico ha preso spunto dal mio articolo (clicca qui per leggerlo) e addirittura la foto del locale, che è stata posizionata alle sue spalle sul videowall mentre parlava. Bene, benissimo per Mino, bistrattato da sempre ma ricordato in questa occasione anche se in uno sketch ovviamente scherzoso, un po' meno per l'uso della foto che avevo recuperato dall'archivio privato di Gegè Reitano e che nessuno prima del mio lancio aveva mai visto, diventata una chicca del buon Enrico.

Ma tant'è, internet fa miracoli e gli autori delle trasmissioni televisive (e i colleghi dei siti) prendono qua e là e ripropongono il tutto senza citare, ormai è la prassi. Per loro quindi, ma soprattutto per chi mi segue e legge da sempre, ne racconto un'altra di storia che riguarda il cantante calabrese.

Una vicenda caduta nel dimenticatoio ma che è importante ricordare a conferma della sua statura artistica, purtroppo negata dagli addetti ai lavori persino quando era all'apice del successo.

E' una vicenda apparentemente incredibile, ma assolutamente vera anche se può stupire, una storia che rivela come Reitano fosse più considerato all'estero piuttosto che da noi.

E questo perché un personaggio come lui, nonostante la sua bravura incontestabile veniva visto sempre come il paesano sprovveduto, una sorta di alieno atterrato nel mondo dei furbi.

La sua stessa proverbiale generosità nel lavoro, nell'essere un passionale che dava tutto, nell'ambiente dello Spettacolo non era stata mai capita e spesso e volentieri veniva interpretata in negativo come sintomo di debolezza.

Allora prendete nota, Mino Reitano e Frank Sinatra si conoscevano, hanno cantato insieme e sono rimasti amici, avrebbero dovuto anche lavorare insieme. Il ragazzo di Fiumara emigrato in cerca di fortuna con un violino nella valigia di cartone e The Voice, il più grande cantante della storia del pop internazionale, premio Oscar e interprete di brani memorabili, si davano del tu.

Due mondi agli antipodi, due vite lontane come la Terra dalla Luna, due artisti imparagonabili per carriera e successi, ma due amici, veri, sinceri, sin dal primo incontro. Che avvenne negli Stati Uniti, a Miami, dove Reitano si era recato appositamente per incontrarlo, grazie a un cugino da anni trasferitosi dall'altra parte dell'Oceano e che conosceva il divo americano.

L'incontro sicuramente eccezionale, perchè The Voice non aveva rapporti con l'ambiente musicale italiano (negli anni 50 e 60 aveva conosciuto Claudio Villa e Modugno ma in Italia), venne documentato dal fotografo Egidio Fabbrici.

Il paparazzo era entusiasta di poter scattare foto in libertà a quel mito, in precedenza infatti, per un solo scatto che aveva fatto a Sinatra a Milano, le guardie del corpo gli avevano sequestrato macchina e rullino. Adesso invece era libero di sbizzarrirsi. 

Il servizio così venne lanciato addirittura in copertina dalla bibbia della musica nostrana "Sorrisi e Canzoni Tv", accompagnato da un titolo eloquente: "Dall'America le foto incredibili". L'incontro avvenne nel 74.

Erano gli ultimi giorni di dicembre, dopo i convenevoli di rito e le chiacchiere davanti a del vino rigorosamente made in Italy, Sinatra invita Mino a cantare con lui nella serata di Capodanno in un grande albergo dove era l'attrazione straordinaria. 

In quella platea di fan dell'interprete di "Strangers in the night", Reitano nonostante l'emozione per essere stato presentato dal Numero uno del pop americano,col suo vocione ed entusiasmo contagioso fa il botto. Due canzoni, solo due, ma bastano, per incantare tutti, "Era il tempo delle more" con cui aveva vinto il Disco per l'Estate e "O sole mio" che fa scattare in piedi, eccitati, gli italoamericani presenti.

Sinatra resta impressionato da quella interpretazione e dall'entusiasmo che l'ha accompagnata e fiuta che col guaglione venuto dal Bel paese lontano si può fare qualcosa. L'indomani dopo un pranzo dice a Mino "resta qui, veni con me, mi fai l'apertura". Ascoltando quella proposta avanzata peraltro in quel curioso slang siculo-americano in cui si esprimeva Frank, al fratello di Mino Gegè si rizzano i baffoni per la gioia mentre "Benjamin" emozionato ringrazia. 

La notte non prenderà sonno pensando a quelle parole e indeciso sul da farsi, ma la mattina dopo a colazione ringrazia Ol' Blue Eyes (come veniva chiamato Sinatra dai fan) ma declina l'invito. Troppo forte è l'amore che lo lega alla sua terra, troppo forti sono le radici familiari, non ce la fa lasciare tutto e trasferirsi lì. L'occasione a malincuore si perde, ma l'amicizia fra i due resta.


Reitano continua comunque a mantenere la relazione col boss della musica americana e nel 1975 pubblica l'album "Dedicato a Frank" con dodici brani arrangiati da Pinuccio Pirazzoli e Detto Mariano, tra cui la cover del successo internazionale "Sugar baby love" e "Innamorati" (terzo a Sanremo), che rivelano un cantante ormai maturo, un artista completo capace di affrontare ritmi e generi musicali diversi e al passo coi tempi.

Ci saranno poi i successi alle varie Canzonissime, le sigle televisive (“Sogno” per la trasmissione “Scommettiamo” di Mike Bongiorno), la conduzione di show (“Qua la mano Mino”, “Senza rete”, “Gioco città”, “Un’ora per voi” e “Calabria mia”) in cui ha la possibilità di dimostrare le sue doti di intrattenitore affabile e preparato oltre che di cantante e il record internazionale di vendite per la sanremese "Italia" nell'88, quando rincontra l'amico degli esordi amburghesi Paul McCartney.

Quello di Mino Reitano insomma è stato un successo enorme e veramente popolare, che però è stato ignorato e quasi negato da chi tira le fila nei media, leggi giornalisti e opinionisti vari, rimasti volutamente all'immagine naif del Reitano degli inizi, nonostante una carriera di tutto rispetto e un'evoluzione artistica più che notevole. 

Un pregiudizio snobistico che arrivò persino a dimenticare ed archiviare in fretta, la stima che il cantante più famoso del mondo nutriva per lui e che "qualcosa" sicuramente voleva significare.

lunedì 24 gennaio 2022

Caro Giorgio ti scrivo...

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Caro Giorgio ti scrivo così mi distraggo un po' e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò. Da quando sei partito c'è una grossa novità, la gente non va più allo stadio ma preferisce tifare sui social, seduta sul sofà.

Si esce poco la sera compreso quando è festa, figurarsi andare allo stadio per tifare la Lazio come quando c'eri tu e nonostante adesso ci sia un bomber fortissimo che segna gol a grappoli, un generoso come te che ti sarebbe senz'altro piaciuto, si chiama Ciro Immobile ed è una bella persona e un grande attaccante.

Vedi caro amico cosa ti scrivo e ti dico, in un giorno come questo avrei alzato il telefono per chiamarti e farti gli auguri, come facevo quando ero in Radio, "alle Balduine", nello studio del grande Gianni Elsner, verso l'una e trenta in chiusura di trasmissione, nel momento di maggior ascolto, ma non per motivi di audience, ma solo perchè col fuso orario, tu in America a quell'ora ti eri appena alzato.  

E sarebbe stata una grande festa, con gli ascoltatori che avrebbero intasato le linee per salutarti e dirti grazie, grazie nonostante gli anni passati, per tutto quello che hai fatto per la nostra Lazio, per il tuo essere un combattente, per il tuo essere un leader dei compagni, per i tuoi gol, per la tua voglia di vincere.

Per aver ridato insomma la dignità a una tifoseria allo sbando dopo gli anni bui della serie B con il tuo orgoglio di combattente, con la tua passione nell'indossare la maglia con l'Aquila sul petto e per essere stato veramente "il grido di battaglia": ieri, oggi, domani e per sempre.

Perchè uno come te sarà difficile ritrovarlo in campo nella prima squadra della Capitale e non solo perchè i tempi sono cambiati e dal calcio a misura d'uomo siamo passati al calcio a misura di sponsor, ma perchè tu eri Giorgio Chinaglia, eri il più forte di tutti, eri la Lazio, con i tuoi pregi e i tuoi difetti, come ognuno di noi e come la stessa storia di questo sodalizio nato nel 1900 insegna.

E perchè tu, cosa di non poco conto, sei stato l'incubo di quelli dell'altra sponda del Tevere, che ti temevano e ti offendevano perchè avevano paura di te e che tu, fregandone di tutto, andavi a irridere sotto la loro tana, con quel dito che ha fatto epoca e che l'obiettivo di Marcello Geppetti ha immortalato per l'eternità. 

Una lazialità e passionalità che anche quando hai appeso gli scarpini al chiodo, sono rimaste immutate come dimostrano i venti secondi finali di questo video che sono incredibili e che la dicono tutta su chi eri, su cosa ha rappresentato per te la Lazio, su quanto le hai voluto bene sino a sentirti male. 

Caro Giorgio ti scrivo per farti gli auguri anche se non ci sei più, sicuro che li  gradirai ovunque tu sia e sicuro che insieme a me saranno tantissimi a farteli perchè ti ricordano con affetto e nostalgia: buon compleanno amico mio. E come dicevi sempre "andiamo Chinaglia andiamo", con la Lazio nel cuore.

sabato 22 gennaio 2022

Lazio, l'occasione persa. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

6+ a Lazzari alzati e cammina - La Lazio ha perso la grande occasione di divorarsi l'Atlanta in un sol boccone. Contro una formazione rimaneggiata al massimo per i noti motivi pandemici, l'unico risultato possibile infatti era quello della vittoria. Ma così non è stato perchè la squadra biancoceleste ha gettato al vento il primo tempo, 45 minuti di noia assoluta e senza un tiro in porta, per poi svegliarsi dal torpore in cui si era avvitata solo nella seconda metà della ripresa. E non è un caso che i ritmi siano cambiati quando è subentrato in corsa il Pupo biondo, il giocatore cioè che il mister non vede o vede poco con tutte le lenti. Però che ci sappia fare lo hanno visto tutti.

6 a Benigno Zaccagnini - Maledetto quel palo e chi lo ha spostato per restringere la porta. Primo tiro in porta dei biancocelesti peraltro, arrivato addirittura al 63°. 

6 a chi lo Leiva più - Arruginito è, ma qualche legnata l'ammolla ancora. E quella è bastata per limitare i danni. 

6 a chiedimi se sono Felipe - All'inizio si è involato, col passare del tempo si è involuto. è finito involtino. 

6 a Sylva Strakoshina - Un tito una parata. E meno male.

6 - a Patric del Grande Fratello - Quando a metà del secondo tempo ha effettuato un retropassaggio senza guardare chi aveva accanto (due atalantini), i pochi presenti allo stadio e tutti gli altri spaparanzati sul divano a casa hanno avuto un sussulto temendo il peggio, che per fortuna non c'è stato. Ma er Caciara è così, prendere o lasciare. Che se fosse in una squadra normale sarebbe da lasciare immediatamente, ma questa è una squadra normale?

6 - a SoMarusic - E' partito in quarta è finito in folle. Come Sgarbi con la candidatura di Berlusconi al Quirinale che ha fatto flop.  

6- al Ciro d'Italia - E' stato proprio Immobile.

5 e mezzo al Sergente - Una partita alla camomilla come questa poteva risolversi solo con una giocata delle sue. Quei colpi magici che fanno resuscitare chi non c'è più. Il guaio è che è sprofondato nel grande sonno generale. E senza bisogno del programma di Gigi Marzullo.

5 a Lupo Alberto - Dice che era in campo. Dice, sembra, forse. Chissà. Sicuramente era presente il suo omonimo al contrario Alberto Lupo, che sta vivendo una seconda giovinezza direttamente dall'oltretomba. Grande attore ma scarso giocatore, sta facendo del suo meglio. Certo se ci fosse stato il Mago sarebbe stata tutta un'altra cosa. Dalla regia dicono che c'era. Come non detto allora. Sic.

5 a Basic Instinct - E' entrato in campo dalla panchina col pigiama e le pantonfole e si è addormentato subito. E buonanotte ai sonatori.  

5 - a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che hanno tutti i Turisti per caso come lui in vacanza perenne all'Olimpico e dintorni, potevamo aspettarci qualcosa di concreto? Assolutamente no è come credere che Gabriele Muccino sia un regista da Oscar. E così il bandolero stanco non si è smentito ma confermato come il sonnambulo per antonomasia della combriccola dei nullafacenti. Amen.

5 - a Hysaj che i papaveri - Ma il brut de brut di Formello e comuni associati, ce serve o nun ce serve? Perchè se ce serve non se capisce che fa in campo, lui che è un sarrsista militante, ma se non ce serve, non si capisce che gioca a fa pur essendo un sarrista militante. La risposta è un rebus che neanche alla Settimana Enigmistica riescono a risolvere. Sipario.

 

 

sabato 15 gennaio 2022

Ciro il grande. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

8 e mezzo al Ciro d'Italia -  La Lazio ha chiuso la pratica Salernitana in dieci minuti. Due reti subito e poi non ha voluto infierire sull'ultima in classifica. Il terzo gol nel secondo tempo è stata pura accademia. Praticamente tra noi e loro c'era veramente un Abisso e non solo per via dell'arbitro. Lo si è visto in campo dove i giochi li ha comandati una sola squadra, quella biancoceleste. Matador implacabile che ha dato la svolta immediata alla partita, il bomber dei bomber che tra l'altro ha preso pure una traversa clamorosa con un gran colpo di testa. Lo avevamo detto e lo ripetiamo, Immobile è la stella più luminosa di questa squadra, quello che non solo non molla mai come i tifosi, ma segna anche sempre. 170 gol con L'Aquila sul petto parlano da soli. Unico in tutti i sensi. Meno male che Ciro c'è!

8 al Sergente - Ha fatto una "cosa" meravigliosa, incredibile, da leccarsi i baffi e stropicciarsi gli occhi. Un assist con un colpo di tacco al volo che solo i campioni. Una magia vera. È tornato a valere 100 cucuzze con tutto il cucuzzaro.

7 a Pedro Pedro Pedro Pè - Il meglio di Santa Fè e Trigoria ha sfornato un assist dopo una discesa travolgente delle sue ma poi sul più bello si è dovuto fermare. Forza vecio recupera in fretta che per noi sei insostituibile. Come Fiorello. 

7 a Lazzari alzati e cammina  - Il gol ci sta tutto. Come la polemica con chi non lo vede. E ho detto tutto.

6 e mezzo a Lupo Alberto - Per vederlo in azione si è dovuto arrendere il 36°, na bona mezz'ora insomma, quando ha scodellato per il capoccione di Ciro una punizione al bacio. Dice che era rimasto sotto choc per la magia di SMS. Non solo Silvan, mo pure lui ce se mette. Sim Salabim e via tutti i concorrenti.

6 e mezzo a Benigno Zaccagnini - Ficcante. Avete presente Rocco Siffredi?

6+ a Massimo Di Cataldi - Due più due quattro, tre tre per tre nove. Questa volta il compitino è stato sufficiente contro avversari così modesti. È ora però che inizi le scuole serali per il diploma dele superiori. L'ha preso pure Martufello e che diamine.

6  a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po così quell'espressione un po così che hanno tutti ITuristi per caso come lui in vacanza a Salerno, non c'era molto da aspettarsi. Infatti il bandolero stanco tra una cartolina dall'Arechi e un selfie a bordo campo galleggiava di suo. Poi improvvisamente si è svejato e ha sfoderato il lancio filtrante per il Pupo Biondo che vogliono cedere. Ma sono altri da mettere alla porta.

6 a Sylva Strakoshina - Spettatore non pagante ha vinto il torneo di Burraco con i fotografi assiepati dietro la sua porta. Alè.

6 a Patric del Grande Fratello - Non ha combinato casini. E questo è un risultato incredibile, come Biagio Izzo attore vero ne i Fratelli De Filippo in TV. Incredibile appunto. 

6 a chi lo Leiva - Un minestraro,  tipo  Salemme che dove lo metti sta e fa la sua figura.

5 e mezzo a Hysaj che i papaveri - Nè carne nè pesce, come Riccardo Rossi. 

5- - a chiedimi se sono Felipe - Se tu sullo 0-3  ti fai ammonire e sei pure diffidato allora vuol dire che non hai capito niente della vita come un Marzullo qualsiasi e sei rimasto alla serie D brasiliana dove sei stato prelevato ed eri uno scarpata vero. Mo porti abiti firmati e bussi a quattrini, ma sempre no scarparo rimani. Sipario.




martedì 11 gennaio 2022

Sanremo, un Premio alla carriera a Peppino di Capri

 

al Direttore artistico del festival Amadeus

Peppino Di Capri è uno degli artisti più conosciuti e apprezzati della musica italiana. Professionista esemplare, gran signore e persona molto umile nonostante abbia raccolto consensi in tutto il mondo e abbia vinto svariate manifestazioni canore e dischi d'oro, è amato da tutti non solo per le sue qualità artistiche ma anche per quelle umane che ne fanno un antidivo per eccellenza.

Ha iniziato nel '58 portando una ventata di freschezza nella musica, conciliando la tradizione con la novità del rock'n'roll e riproponendo in chiave moderna i classici napoletani che hanno fatto la storia della canzone del nostro paese e che grazie alle sue interpretazioni hanno goduto di una seconda giovinezza.

Ha portato il twist in Italia che ha lanciato con il brano "St Tropez", vero e proprio simbolo di un'epoca che ha dato il via a una stagione del costume conosciuta come quella dei "favolosi anni 60" ed ha aperto i concerti dei Beatles nella loro celebre tournèe italiana, ad ulteriore conferma della grande popolarità che ha sempre goduto presso il pubblico.

Ha superato mode e miti che si sono susseguiti nel corso dei suoi 60 anni di attività, continuando a fare il suo mestiere di entertainer di classe, passando così senza soluzione di continuità e con grande professionismo, dalle folle osannanti del Cantagiro alle poche decine di clienti dei night di via Veneto per poi ritornare in auge sui palcoscenici di mezzo mondo come il Carnagie Hall di New York, l'Arena Card di San Paolo in Brasile, il teatro San Carlo di Napoli. Sempre col sorriso e sempre in compagnia del suo pianoforte.

Con 15 partecipazioni, coronate da due vittorie nel '73 col brano firmato da Califano "Un grande amore e niente più" e nel '76 col brano "Non lo faccio più" di Depsa, Bellincioni e Iodice, Peppino di Capri è il veterano del Festival, e questo palcoscenico è la sede più appropriata per conferire un riconoscimento a chi come lui ha dato tanto al pubblico senza risparmarsi in una vita dedicata alla musica.

Come abbiamo richiesto dai microfoni della nostra Radio e con una petizione on line tramite i social, l'artista napoletano merita un doveroso tributo quale può essere il Premio alla carriera.

FRANCESCO TRONCARELLI

hanno aderito 

Mara Venier, Pino Strabioli, Carlo Verdone, Maurizio Costanzo, Depsa, Renzo Arbore, Ivan Zazzaroni, Cristian De Sica, Enzo Avitabile, Carla Vistarini, Mimmo Di Francia, Giorgio Verdelli, Michele Bovi, Paolo Giordano, Alberto Salerno, Michele La Ginestra, Lillo e Greg, Lorena Bianchetti, Gerry Bruno, Edoardo Bennato, Dodi Battaglia 

domenica 9 gennaio 2022

Lazio, buio a San Siro. Le Pagelliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI

7+ al Ciro d'Italia - Non è un caso che nel giorno del compleanno della Lazio, sia stato il bomber dei bomber biancocelesti a buttarla dentro, beffandosi in un sol colpo di Skriniar e soprattutto di De Vrji. In questa squadra che annaspa anziché no in ogni uscita e che pure a San Siro ha rimediato la sveglia, lui è sicuramente il più forte, il più rappresentativo, il più attaccato anima e corpo a questi colori. Ma è solo. E un campionato così quando sei circondato da mezze cartucce e compagni di merende con la testa altrove, è molto difficile da portare avanti.

6 a Massimo Di Cataldi - Il pupo s'è fatto furbo. Al compitino ha aggiunto la tesina su come ti frego i nerazzurri con quel lancione verso Immobile e il suo gioco di prestigio vincente. Speriamo che questo comportamento sia foriero di una mentalità più combattiva.

6 a Pedro Pedro Pedro Pè - Il meglio di Santa Fè e Trigoria ha perso lo sprint iniziale. Ha le polveri bagnate, come Panariello che non fa più ridere.

6 a Innamoradu - Inossidabile. Come Pippo Baudo. Con qualche acciacco. Come Baudo appunto.

6- a Sylva Strakoshina - In perfetta media Carrizzo. Su quattro tiri due parate, due gol. Matematico.

6- a Maru (sic!) - È partito in quarta è finito in folle. Come Malgioglio a Tale e quale, diventato la macchietta della sua macchietta.

5 e mezzo al Sergente - Tutti aspettavano che prendesse la squadra per mano come con l'Empoli. A prendersela, ma in un altro posto, sono stati quelli che ci speravano.

5 e mezzo a chiedimi se sono Felipe - Dopo che hai ballato ogni volta che loro attaccavano, che te lo chiedemo a fa. È come chiedere a Alba Parietti cosa fa nella vita. Non lo sa neanche lei. 

5 e mezzo a Lupo Alberto - È entrato in corsa ma col freno a mano tirato. Sim Salabim e il Mago sparì.

5 a Benigno Zaccagnini - Inutile. Avete presente Gigi Marzullo?

5- a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po così quell'espressione un po così che hanno tutti i Turisti per caso come lui in vacanza a Milano. Lo struscio a San Babila, lo shopping a viao della Spiga, le bufale in campo. Amen.

5- - a Basic Instinct - Un po seminarista canadese con quei modi preteschi, un po' pesce lesso con quello sguardo assente, un po' troppo pollo in occasione del raddoppio interista. Alè.

5- - a Hysaj che i papaveri - Bruciato da Lautaro seppur fuorigiochista, il Brut de brut si è ripetuto nelle amnesie spesso e volentieri. È uno degli anelli deboli della squadra ma era accreditato nel progetto come una punta di diamante. Sicuramente taroccato. Sipario.



venerdì 7 gennaio 2022

Addio Guapa, icona di Discoring

 di FRANCESCO TRONCARELLI

La gavetta, tanta, poi all'improvviso il successo, la notorietà, l'essere riconosciuti per strada, le copertine dei settimanali, gli articoli sui giornali, quella che si chiama insomma la popolarità. 

Ma spesso non sono tutte rose e fiori, lo Spettacolo quando ti scopre e ti prende con sè, può anche decretare paradossalmente la fine della tua carriera.

E' il caso di Gloria Piedimonte rimasta imprigionata per tutta la sua vita nel personaggio della "Guapa" creato su misura per lei da quel genio della comunicazione e della tv che rispondeva al nome di Gianni Boncompagni.

La conoscevano tutti, la applaudivano tutti, la cercavano tutti ma quel benessere mediatico acquisito di colpo, la teneva stretta in una "catena dorata" che professionalmente la soffocava nonostante gli allori e gli applausi.

Una situazione vista e rivista tante volte per molti artisti di qualsiasi caratura e importanza (un caso fra i tanti di quelli veramente bravi, quello del grandissimo Ubaldo Lay, attore di prosa e cinema rimasto intrappolato nell'impermeabile del tenenente Sheridan e nonostante le "cartucce" che aveva da sparare...).

 

Così è stato per lei, attrice, cantante e showgirl, ma per tutti esclusivamente "Guapa" della trasmissione "Discoring", in cui ballava sulle note del disco dei Bus Connection, interpretato dallo stesso Boncompagni che la incitava per tutto il brano col grido fuoricampo "baila Guapa, baila".

Era ricoverata nell'ospedale di Mantova per complicanze legate al Covid.  A darne notizia il figlio Giovanni:  "È scomparsa questa notte, ha lottato fino alla fine. Se ne è andata via senza dolore e con grande dignità"

Nata a Mantova il 27 maggio del 1955, la Piedimonte arrivò giovanissima a Roma per lavorare nel cinema. Venne notata da Gianni Boncompagni, che utilizzò la sua immagine nella sigla della sua seguitissima trasmissione in cui presentava cantanti e gruppi musicali sul finire degli anni Settanta.

In questo periodo, la bionda e affascinante Gloria, recitava anche in teatro accanto a Erminio Macario e Sylva Koscina rilevandosi come uno dei nuovi talenti dello Spettacolo.

Sulla scia di queste affermazioni, incise poi per la Durium due singoli, "Ping pong space" di genere disco e "Uno" scritto da Andrea Lo Vecchio, che ottennero un buon successo anche all'estero. 

Nel 1979 uscì il suo primo film come protagonista, "Baila Guapa", una sorta di risposta italiana alla Febbre del sabato sera che dilagava in tutto il mondo. 


Dopo altre partecipazioni a film di cassetta e fotoromanzi, la Piedimonte nel 1983 uscì con un altro singolo "Ma che bella serata", che in Germania scalò rapidamente le vette delle classifiche facendola diventare un icona delle discoteche tedesche.

Tra le sue ultime apparizioni televisive quella a "I migliori anni" (2009) di Carlo Conti e a "Una poltrona per due" che la riportarono all'attenzione del pubblico televisivo. 

Negli ultimi anni si era dedicata all'arte, realizzando diverse tele, che sono state oggetto di mostre e recentemente aveva inciso un CD con altri artsti per raccogliere fondi per un rifugio per cani abbandonati.

Poi all'improvviso dopo tanto silenzio su di lei, la notizia affidata dai figli alle agenzie, della sua scomparsa, al termine di un calvario di qualche anno e per complicazioni legate alla nuova ondata della pandemia.

Nessun cenno ovviamente della sua morte dalla Tv, mai come in questa occasione matrigna, che l'ha ignorata dopo averla sfruttata quando il mondo la voleva vedere e abbandonata quando non serviva più. Se n'è andata in un giorno di festa, con la gente distratta dagli ultimi scampi di vacanza e dai saldi.

Ma non meritava questo disinteresse, perchè era un'artista che aveva rallegrato gli animi del pubblico, perchè aveva 66 anni e viveva intelligentemente nel buen retiro dell'affetto dei suoi cari e di chi la stimava. Perchè era la "Guapa" di una stagione felice della nostra vita.


giovedì 6 gennaio 2022

Lazio, meno male che il Sergente c'è. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI

8 al Sergente – La sosta non porta bene alla Lazio, anzi, non le si addice, è storia. E anche questo giro si è confermata quella che ormai è una certezza, ovvero  non fermate il campionato perché  quando si ricomincia a giocare i “nostri eroi” continuano a stare in vacanza. I due gol presi nei primi 8 minuti sono stati un kappao micidiale che ha steso pure la gente laziale accorsa all’Olimpico per salutare il nuovo anno e la squadra. E da quel momento è stata tutta una partita in salita, con colpi e contraccolpi, batti e ribatti, amnesie e grandi giocate di SMS che è riuscito con grinta e per fortuna a prendere per mano la squadra e agguantare il pareggio. Il minimo sidacale per un match contro i toscani, ma tant'è, certo è che nella calza della Befana c'è tanto carbone per tutti a cominciare da quelli che hanno costruito una squadra che più di tanto non je la fa. 

6 e mezzo a Pasquale Ametrano Anderson - Con quella faccia un po così quell'espressione un po così che hanno tutti i Turisti per caso come lui in vacanza all'Olimpico, c'era da tornarsene a casa senza vedere la partita. Ma il bandolero stanco ha stupito i suoi detrattori ricominciando il campionato all'attacco, con tanto di traversa e addirittura un assist al bacio nel secondo per SMS. E scusate se è poco.

6+ a Benigno Zaccagnini - Con lui in campo tutta un'altra musica. Come dire Morgan al posto di Fulminacci. Ammesso che qualcuno sappia chi è Fulminacci.

6+ a Lupo Alberto - Gli è mancato il colpo magico, l'uscita del coniglio dal cilindro insomma. Silvan può tornare a respirare.

6 al Ciro d'Italia - Poteva essere la sua partita, ma quell'errore sul dischetto ha punito pure le sue aspettative. Il gol, quello della speranza, in ogni caso l'aveva fatto confermando che alla “tassa sull’Immobile” ad inizio di ogni anno nuovo, non sfugge nessuno. 

6- a chiedimi se sono Felipe - Con l'uscita di Acerbi ha avuto il reparto arretrato sulle spalle  e gli occhi di tutti gli osservatori delle squadre di serie per essere in scadenza prossimamamente. Ma quel tunnel rimediato ha dimostrato che è come il Pandoro, da consumarsi entro giugno.

5 e mezzo a Pedro Pedro Pedro Pedro Pè  - Il meglio di Santa Fè è rimasto al trenino del veglione: A E I O U Omicron....

5 e mezzo a Hysaj che i papaveri – Uno di quelli che è rimasto al veglione di capodanno. Je se so riproposte le lenticchie nei primi minuti. Per chi lo vedeva annaspare invece je se so riproposti i dubbi amletici su di lui: ma questo è sarrista o antissarrista? Boh, ma il guaio è che non lo sa manco lui.

5 e mezzo a Massimo Di Cataldi - Je manca sempre un centesimo pe' fa un euro.

5 e mezzo a chi lo Leiva e Lazzari alzati e cammina - Come Pio e Amedeo. Inutili.

5 e mezzo a Maru (sic!) - È partito in quarta è finito in folle. Come Martufello ai Soliti ignoti con le sue freddure da pernacchie.

5 a Sylva Strakoshina – Con lui non c’è mai due senza tre. Dopo due partite più che sufficienti è ricaduto nel peccato originale che lo contraddistingue, l’uscita alla kamikaze. E rigore fu, inevitabile. Come la presenza di Frassica da Fazio. 

5 a Patric del Grande Fratello - Con 110 partite in serie A voleva pure la lode. Ma ha ricevuto il gesto dell'ombrello per il gol galeotto con il braccio. Non ci sono più le Befane di una volta, carbone per tutti a cominciare da lui che non je basta un saccone intero. Sipario.


domenica 2 gennaio 2022

Ivan Graziani, 25 anni senza la sua chitarra

 di FRANCESCO TRONCARELLI


 "Tu sai citare i classici a memoria, ma non distingui il ramo da una foglia”

Ironico, estroso, geniale, spesso tagliente e ma ancora di più malinconico, Ivan Graziani ci lasciava nella notte del primo gennaio 1997 per un male incurabile, nella sua casa di Novafeltria, nel riminese, tra Emilia, Romagna, Marche e non lontano dal suo amato Abruzzo. 

Per tutti era il cantautore con la chitarra elettrica o meglio "la chitarra rock della musica d'autore italiana". Nel panorama musicale italiano è stato un artista particolare, unico. Capace di coniugare il rock alla poesia, le sei corde di cui era un grande virtuoso come delle sette note, al sentimento, la narrazione delle storie minime alla qualità della grande scrittura.

Ivan Graziani e la chitarra erano un tutt’uno, con lei sprizzava energia a mille, travolgendo chi lo ascoltava e seguiva nei suoi live. La sua fedele Gibson compagna di tante serate nel raccontare di “Maledette malelingue” e “finanzieri e contrabbando” e con la quale volle essere sepolto insieme al gilet in pelle con un gancio particolare per sorregerla che aveva creato personalmente.

Aveva appena 51 anni Graziani e aveva dato tanto alla musica con la sua passione e i suoi sentimenti, chissà cosa avrebbe potuto dare ancora e soprattutto dire adesso del nostro paese così diverso da quello in cui era cresciuto e che aveva tanto amato e analizzato attentamente.

Era infatti il cantore principe di quell’Italia meno evidente ma vitale rappresentata dalla provincia, capace come era di riuscire a rendere esaltanti e intriganti grazie alla sua sensibilità ed ironia, microstorie animate da personaggi locali e particolari, da figure sbiadite realmente esistite o intraviste nella fantasia. 

Un artista fuori dagli schemi, oltre le righe, poliedrico (disegnava fumetti la sua prima grande passione, dipingeva quadri, scriveva romanzi), che non è stato mai “allineato e coperto” alle mode del momento. 

La sua produzione infatti non si è mai omologata alle tendenze della musica italiana anni Sessanta e Settanta, non ha fatto parte cioè né dei cantautori “politici” ispirati al folk di Bob Dylan, né in quella degli importatori del rock’n’roll alla Elvis Presley o degli imitatori dei Beatles.

Lui aveva qualcosa di suo da raccontare, frutto dell’attenta osservazione del suo mondo e dell’umanità che lo popolava (quell’Abruzzo di cui andava fiero e che sentiva dentro) e la grande padronanza della chitarra gli consentì di farlo in un modo originale. 

Graziani si è inventato insomma un linguaggio nuovo, a metà tra il rock e la canzone d’autore, che non era stato praticato in precedenza. E quella è stata la sua cifra stilistica. Forse non capita da tutti ma sicuramente di un livello superiore a tanti altri che affollavano i palchi in quel periodo.

il centro di Teramo con le sue canzoni

Una scelta peraltro coraggiosa la sua, sicuramente agli antipodi della discografia di tendenza e commerciale che l’ha reso unico nel suo genere e inimitabile, ma che per rovescio della medaglia lo ha allontanato dal successo facile, quello fatto dalla visibilità, il can can mediatico, le classifiche.

"Lugano Addio", "Firenze (Canzone triste)", "Monnalisa", "Maledette malelingue", "Signora bionda dei ciliegi", “Limiti”, “Agnese dolce Agnese”, “Pigro” (tra i 100 album più belli della musica italiana secondo la rivista specializzata Rolling Stone), sono gemme di un ricca discografia mai banale ma qualitativamente alta che Graziani ci ha lasciato.

Brani entrati nella memoria collettiva dove la malinconia crepuscolare di amori perduti e sognati sottolineati da assoli di chitarra, si fonde con il ricordo per un grande artista che ha regalato emozioni senza risparmiarsi fino all’ultimo.

Ivan era un artista completo con un repertorio in bilico tra rock e ballate di rara bellezza e con una lunga gavetta e carriera nel corso della quale ha incrociato tanti illustri colleghi. Tra i tanti Lucio Battisti, con cui Graziani collaborò per molto tempo, suonando la chitarra in alcuni dei suoi album e in una ricercatissima versione inglese de “Il Nostro Caro Angelo”.

Ivan e Lucio, due artisti unici

La PFM, scrivendo “From Under”, nell'album “Chocolate Kings”, e rischiando, ad un certo punto, di diventare il cantante della band, Francesco De Gregori (ha suonato nell’album “Bufalo Bill”), ancora Antonello Venditti, che collaborò alla realizzazione dei primi album di Ivan, che, a sua volta, aveva suonato in “Ullalla” del cantautore romano.

E poi Ron con cui fece un tour, compose “Canzone senza inganni” e realizzò un Q-disc (“a sei mani”) insieme anche a Goran Kuzminac, la Bertè (“BandaBertè”), l'amico Renato Zero, che gli fu molto vicino negli ultimi anni, con cui scrisse “La nutella di tua sorella”.

In questi anni, nel suo studio di registrazione, “Officine Pan Idler”, sono stati finalmente “aperti” con nuove tecnologie alcuni nastri lasciati dall’artista, all’interno sono state trovate molte tracce inedite su cui i figli, Filippo e Tommaso che tengono viva la memoria del padre con concerti-tributi, stanno lavorando.

Questo è il loro impegno per poterle pubblicare proprio nel 2022, a venticinque dalla sua scomparsa. E questo è anche l’auspicio dei tanti fans club dedicati ad Ivan Graziani e di tutti quelli che hanno amato la sua musica e che vorrebbero che continuasse ad emozionarci.

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