giovedì 31 ottobre 2019

La Lazio mata il Toro. Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI


8 + ad Antonio Elia Acerbis - Una grande Lazio ha steso con merito il Toro giocando un ottimo calcio. Per la prima volta tutti gli uomini di Inzaghi hanno dato il fritto, anche quelli solitamente criticati per pochezza di tecnica e amnesie tattiche. E' stata una bella partita insomma (seconda vittoria consecutiva) che ha esaltato la gente laziale e che legittima le ambizioni biancocelesti di alta classifica. Serve solo continuità. Copertina d'obbligo all'atletico difensore col pizzetto, autore di uno gol stratosferico, uno scaldabagno lanciato direttamente dal bagno di casa sua, con cui ha aperto le danze facendo capire a tutti che aria tirava all'Olimpico.

8 al Ciro d'Italia - Immobile sempre più bomber de noantri. Doppietta per lui e 99 gol complessivi con l'Aquila sul petto. E' già nella Storia della Prima squadra della Capitale. Adesso con le sue reti ci deve regalare un sogno...

7+ a Massimo Di Cataldi - Finalmente una partitona. Sempre col piedino corto, ha dimostrato invece che quando si rimbocca le maniche e i calzettoni, può prendere per mano (e per piede) la squadra. Romano e laziale è l'orgoglio di chi è nato prima e ha i colori del cielo per bandiera.

7 a Lupo Alberto - Il nero pece porta bene. Come a Giallini che tinto de brutto ha sfondato con l'ispetttore Schiavone, così anche all'ex Ciuffo biondo che si libera dal Crodino e torna a far impazzzire il mondo col capello nero. Paint it black, dicevano i Rolling Stones in tempi non sospetti. Si riferivano alla sua chioma.

6 e mezzo a veni, vidi, Lulic al 71° e Innamoradu - La vecchia guardia colpisce ancora. Nessuna sbavatura, nessun passo falso, nessun dolore soprattutto come cantava pensando ai loro acciacchi per motivi anagrafici Lucio Battisti. Battiamo le mani ai veri futuri pensionati.

6 e mezzo ar Pantera - Da un rigore sbagliato a un rigore procurato. Il passo non è breve ma tant'è. L'essenziale che sia tornato nei ranghi. Come Sfera Ebbasta che è andato a X Factor e si è addomesticato da solo.

6+ a Sylva Strakoshina - Due tenttivi per entrare da parte di estranei stoppati alla grande. Il Condominio è in festa. Pizzette e tramezzini per tutti, adesso viene il bello coi Testimoni di Milano domenica prossima.

6+ al Sergente - Un mastino, ha messo la sua fisicità al servizio della squadra, come Conte ai giallo-rossi in Umbria, fornendo pure un bell'assist. Come ha aftto Conte appunto, ma agli avversari però.

6 a Patric del Grande fratello - Una partita senza combinare casini. Incredibile ma vero. Tanto che qualcuno pensava non fosse lui. Come Vincenzo Mollica senza occhiali che sembra la sora Lella.

6 a Somarusic - Il Sonnambulo s'è svejato. Cose dell'altro mondo. Come le battute di Panariello a Tale e quale. Le faceva Macario nell'altro secolo.

6 + a Correa l'anno 1900, dillo a Parolo tuo e chiedimi se sono Felipe - Buttati nella mischia nel finale per portare energie alla squadra e stabilità alla manovra. Insomma anche loro hanno contribuito ad affossare il Gallo e i suoi compagni e quel piagnone di Mazzarri che se l'è presa N Koulu. Sipario.




Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Mercoledi, 30 ottobre 2019
Poker della Lazio contro il Toro. Nel turno infrasettimanale della decima giornata Acerbi, un doppio Immobile ed infine un autogol di Belotti hanno la meglio sui granata, che finiscono pure in dieci uomini dopo una partita dominata dai capitolini: 4-0 il netto risultato finale. Dopo la vittoria di domenica a Firenze, Inzaghi in difesa rimette Patric, a centrocampo propone Marusic e Cataldi, con Caicedo che stavolta fa da spalla a Ciro Immobile. Il 352 di Mazzarri di oggi prevede sia Lukic che Meitè, il mister toscano ritrova poi Zaza, con Iago Falque che resta in panchina. Più o meno due moduli speculari quelli tra le due squadre, che infatti iniziano la partita in sostanziale equilibrio. Il Toro più intraprendente prova a far fare giro palla, la Lazio invece attacca gli spazi per ripartire in contropiede o per i lanci lunghi a favorire le punte. Al 15’ un tiraccio in mezza girata di Belotti finisce altissimo, poco dopo Caicedo riceve palla, si libera bene al tiro ma spara a lato di sinistro. Al 22’ una punizione dal limite di Cataldi sfiora il palo, due minuti prima della rete che sblocca la gara; il tiro di Acerbi da oltre 30 metri finisce sotto l’incrocio dei pali e la Lazio si porta in vantaggio. Ora i biancocelesti giocano bene, Immobile trova la porta ma anche i guanti di Sirigu alla mezz’ora, ed al 32’ regala ai suoi il raddoppio. Il bomber laziale imbeccato da Luis Alberto se ne va da solo verso la porta, fronteggia Nkoulou e appena giunto ai 16 metri piazza una bordata di destro che colpisce il bersaglio per la seconda volta. Il raddoppio scuote il Torino, che prova a mettere in difficoltà la Lazio ma senza grande convinzione. Nella ripresa subito Strakosha è bravissimo su Meite, poi la traversa salva ancora la Lazio dal tiro di Belotti. Ma la squadra biancazzurra riprende campo e senza fretta controlla e riparte con grande autorità. Caicedo al 65’ impegna Sirigu in angolo, poi al 68’ ancora Caicedo anticipa Nkoulou che lo atterra in area e Orsato decreta il rigore espellendo il difensore granata. Va a battere Immobile, che spiazza il portiere e fa tris per la Lazio. Esce Caicedo per Correa, poi Cataldi per Parolo, infine anche Patric sostituito da Luis Felipe. Proprio Correa al 79’ dopo un’azione tutta in velocità tira bene ma si fa parare il diagonale da Sirigu; la partita non ha più storie ma allo scadere su corner battuto da Luis Alberto Belotti sfiora il pallone di testa e causa l’autorete che chiude definitivamente la gara con il poker laziale. Una vittoria meritata quella della squadra di Inzaghi, che finalmente dà continuità all’affermazione di Firenze contro due avversari davvero difficili. Una prestazione senza sbavature ma anche di ottimo gioco, in cui non c’è stato nemmeno grande dispendio di energie, essenziale per la difficile trasferta di domenica prossima a Milano. Altri 3 punti preziosi per i biancazzurri, che raggiungono il quinto posto a quota 18 a pari merito con Napoli e Cagliari Nota lieta a margine: sono 79 le reti per Immobile, capocannoniere del Campionato che si conferma marcatore di razza superando addirittura Giorgio Chinaglia nella classifica dei bomber laziali di sempre.

   
LAZIO   TORINO    4–0      24’ Acerbi 32’ Immobile  70’ Immobile (rig.)  90’ Belotti (aut)

LAZIO: Strakosha, Patric (78’ Luis Felipe), Acerbi, Radu, Marusic, Cataldi (74’ Parolo), Milinkovic, Lulic, Luis Alberto, Caicedo (72’ Correa), Immobile. All Inzaghi 
TORINO: Sirigu, Izzo, Nkoulou, Lyanco (51’ Verdi), De Silvestri, Baselli (74’ Djidji), Lukic, Meite, Laxalt, Zaza (66’ Falque), Belotti. All.: Mazzarri.
Arbitro Orsato

lunedì 28 ottobre 2019

Lazio, la Viola è Immobile. Le Pagelliadi

di  FRANCESCO TRONCARELLI



8 e mezzo al Ciro d'Italia-  La Lazio ha vinto a Firenze riprendendosi sul campo quello che l'arbitro e il non utilizzo del Var (rigore nettissimo su Lazzari), le avevano negato. Matador e vendicatore implacabile del torto subìto, il bomber de noantri, al decimo sigillo personale che lo conferma sempre più capocannoniere del campionato e soprattutto vera e propria anima di questa squadra che gioca un tempo e poi a sprazzi se je gira. La Viola insomma è rimasta Immobile davanti a un campione come lui che quando tutto sembrava avviato per un pari e patta, ha dato quel colpo di testa che gonfiando la rete ha fatto saltare in piedi i tifosi ormai sbracati sulle poltrone di casa e quei duemila che erano arrivati al Franchi. Bene, bravo, bis. Avanti Lazio, avanti laziali!

7+ a Lupo Alberto - Non è più biondo, è nero pece come Giallini-ispettore Schiavone che sembra a sua vola Pavarotti tinto vero, ma quando è in palla, tipo Rocco Siffredi, non ce n'è per nessuno. E così li ha fatti viola. Punto.

6 e tre quarti a Correa l'anno 1900 - Gioia e dolori di questa squadra. Uno ne fa e uno se lo magna. Un Tucu de classe e un tuca tuca. Così è se vi pare, come disse il poeta che aveva capito tutto.

6 e mezzo a Lukakau Meravigliau - L'uomo partita. Incredibile ma vero. Come Salemme che finalmente ha fatto ride a Tale e quale. Ha fatto più lui in 20 minuti che Meco Jony in 4 partite che ha giocato. E ho detto tutto.

6 e mezzo a Luca 2.0 (Biglia chi?) - E chi lo Leiva più dal centrocampo?

6 e mezzo a Antonio Elia Acerbis (Lazio del meno 9) - Una certezza. Come Amadeus ai "Soliti ignoti".

6+ a veni, vidi, Lulic al 71° - E' risorto dalla cripta come Berlusconi e ha contribuito coi suoi guizzi e quelle fint sbilenche alla vittoria. Come Sivio in Umbria.

6 a Sylva Strakoshina - Il gol che ha preso era sul palo suo, ma è pur vero che chirichetto che ha segnato s'è trovato solo a tirare. Per il resto dopo le due barra tre parate le ha fatte. Non gettiamogli sempre la croce come a Marzullo. Il capelluto intervistatore se la merita per il nulla che esprime, il numero uno no, perchè lo è di fatto, in quanto uno lo prende sempre.

6 a Lazzari alzati e cammina - E fatti atterrare da Fanfarone Caceras, inutile con noi all'epoca, dicasi altrettanto con loro adesso. Tanto che se l'arbitro avesse visto bene, avrebbe combinato 'na bella frittata.

6 a dillo a Parolo tuo -  Senza infamia e senza lode e con un pizzico di ruggine nei meccanismi. Avete presente Bianca Berlinguer a Carta bianca?

5 a Innamoradu - Il vero Immobile è stato lui: quando Chiesa l'ha uccellato in occasione del pareggio.

5 al Sergente - La sua prestazione è stata come la rilevazione della temperatura dalla stazione dell'aeronautica di Santa Maria di Leuca: non pervenuta.

5 a Patric del Grande Fratello - Quasimodo-Ribery j'ha fatto vedè i sorci verdi: un po' perchè è brutto quanto la fame, un po' perchè al pallone dà del tu, mentre l'ex biondo alla camonilla non je dà manco pe' gnente. Amen.

5 a Caicedone - C'era 'na vorta er Pantera. Mo' è diventato un micio e manco graffia. Ha calciato un rigore come lo avrebbe tirato una ballerina, con la giravolta. Malgioglio che non ce capisce 'na mazza, e non è una battuta da Ambra Jovinelli o alla Tomas Milian Monnezza ma la pura verità, avrebbe fatto meglio. Era il bombardiere nero dei biancocelesti ora je serve na bombola d'ossigeno per tirarsi su. Dal Manuale della cucina di Suor Germana, Capitolo III, I ricostituenti, pag 89: Quando vi sentite un po' giù e non avete più le forze, fatevi una bella bevuta di zabaione e non disdegnate un bella bistecca al sangue. E il poeta, sempre lui, ha aggiunto: chi dice donna, dice danno. E lui con la sventola che ha accanto ne sa qualcosa.




Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Domenica, 28 ottobre 2019
La Lazio è corsara a Firenze. Nel posticipo serale della della nona di Campionato al “Franchi” i biancazzurri vanno in vantaggio nel primo tempo con Correa, sono raggiunti momentaneamente da Chiesa, ma nel finale di  ripresa un gol di Immobile consente ai capitolini di strappare i tre punti: 1-2 il punteggio finale, che poteva essere più largo se Caicedo non avesse fallito un rigore nel recupero. Dopo la batosta e le energie perse a Glasgow Inzaghi cambia qualcosa, tornano Radu e Lulic e si rivede Luis Alberto dietro a Correa ed Immobile. Squadra già fatta invece per Montella, che non ha defezioni e continua a schierare l’11 di sempre, con Dalbert, Chiesa e Ribery finalizzatori. Difficile partita quella che si prospetta alla Lazio oggi, un avversario scomodo ed in un buon momento di forma, nonostante il pari di Brescia lunedi passato. Piuttosto aperte le due squadre nei primi minuti, con buone manovre da parte di entrambe le formazioni. Al 12’ la Lazio reclama un calcio di rigore per un’evidente spinta di Caceres a Lazzari, ma Guida stranamente lascia correre. La Fiorentina con Chiesa è pericolosa dopo poco, ma Strakosha para. Al 23’ i biancocelesti sbloccano: sulla trequarti Luis Alberto porge a Immobile, la sua imbucata è perfetta per Correa, che dribbla Dragowski e deposita in rete. Guida consulta il Var e poi concede il gol; dopo un attimo è ancora Correa a mangiarsi il raddoppio calciando sul portiere un pallone d’oro. Invece al 27’ alla prima azione utile la Fiorentina va in gol: Ribery supera tutti e libera il cross dalla fascia, Chiesa col sinistro di prima intenzione batte Strakosha e riesce a pareggiare. Da ricordare che prima della fine del tempo Caceres si fa male e Montella lo sostituisce col giovane Ranieri. Nella ripresa invece Milinkovic lascia spazio a Parolo al 54’. Il tiro di Lulic al 58’ trova i guanti di Dragovski, mentre pure Lirola lascia per Sottil. Rivede il campo anche Lukaku dopo oltre 10 mesi, che entra al posto di Lulic. Al 66’ la conclusione di Chiesa finisce di poco fuori, al 77’ il tiro di Correa viene parato, poi anche quello di Castrovilli su cui  c’è Strakosha. Nel finale c’è molta più la Lazio, che prova a sfondare centralmente ma la Fiorentina si difende bene. All’88’ su cross di Lukaku a difesa viola schierata con un gran colpo di testa però è Immobile a sbloccare definitivamente l’equilibrio, piazzando la palla in rete sull’angolo lontano. Con la Lazio in vantaggio, negli ultimi 5’ la Fiorentina va all’arrembaggio ma in contropiede arriva un assist di Lukaku a Luis Alberto, che calcia ma trova il braccio di Ranieri. Guida assegna il rigore ed espelle Ranieri per doppia ammonizione. Va a battere Caicedo, che sbaglia ma il suo errore è ininfluente perché dopo circa un minuto l’arbitro decreta la fine e la Lazio si porta a casa il successo. I biancazzurri, ancora stanchi per la trasferta di Europa League, fanno ugualmente una grande impresa su un campo difficile in cui quest’anno anche Juve e Napoli hanno lasciato punti. Stavolta Inzaghi azzecca i cambi e soprattutto ritrova Lukaku, stasera determinante per la vittoria finale. La Lazio sembra ancora competitiva, tiene il passo delle prime e raggiunge il sesto posto a quota 15, con 4 vittorie, 3 pari e 2 sconfitte. I biancazzurri comunque nei prossimi giorni si giocano una bella fetta di stagione: prima a Torino poi subito dopo contro il Milan ed infine con il Celtic all’Olimpico. Se queste sono le premesse, siamo già a buon punto.

    
FIORENTINA  LAZIO  1–2      23' Correa  27’ Chiesa  88’Immobile
FIORENTINA: Dragowski, Milenkovic, Pezzella, Caceres (37’ Ranieri), Lirola (60’ Sottil), Pulgar, Badelj, Casrtovilli, Dalbert, Chiesa, Ribery (73’ Boateng).  All. Montella
LAZIO: Strakosha, Patric, Acerbi, Radu, Lazzari, Leiva, Luis Alberto, Milinkovic (53’ Parolo), Lulic, Correa (78’ Caicedo), Immobile. All Inzaghi  
Arbitro Guida

venerdì 25 ottobre 2019

Quando l'talia impazziva per lo Straniero

di FRANCESCO TRONCARELLI


Applausi, emozioni, consensi unanimi, tutta l'Italia voleva lo Straniero. Detta così, pensando a quello che succede e si legge oggi, può sembrare una barzelletta. Eppure 50 anni fa accadeva proprio questo, il Bel paese intero impazziva per lo Straniero, la tv, i giornali e soprattutto la gente lo volevano. E lo applaudivano.

Ovviamente si parla di musica perchè di problemi legati agli stranieri in quegli anni non esistevano, il mondo era diviso in due blocchi col Patto Atlantico e la Cortina di ferro a fare da guardiani e non si muoveva foglia, così gli unici a migrare da una regione all'altra erano proprio gli italiani che dal profondo sud, si trasferivano nel profondo nord alla ricerca di lavoro (Fiat, industrie) e di una vita che speravano migliore.

Lo Straniero che nell'ottobre del 1969, esattamente 50 anni fa invece incantava letteralemnte il pubblico, era Georges Moustaki, interprete dell'omonima canzone che arrivò dritta diritta al primo posto della Hit parade condotta da Lelio Luttazzi, dopo una sola apparizione televisiva, manendendo quella posizione sino a Natale.

i dischi più venduti nell'ottobre di 50 anni fa

Artista poliedrico nato ad Alessandria d’Egitto e naturalizzato francese (il suo vero nome era Giuseppe Mustacchi, Georges lo aveva mutuato nel nome d'arte dal suo idolo Georges Brassens) ma di origini italo-greche, visse in Francia dove era arrivato giovanissimo da "sans papier" per sette anni. La sua carta d’identità erano le canzoni che scriveva per gli altri. Più di 300 in una lunga carriera alternata alla scrittura di libri e alle corrispondenze sui giornali.

Per Edith Piaf "l'usignolo di Francia" che incantava tutti e con cui visse una storia d'amore, scrisse "Milord", un brano dal successo internazionale ripreso da Dalida in varie lingue, Milva in italiano e da tanti artisti in tutto il mondo. Altri pezzi che incontrarono successo li scrisse per Ives Montand, Juliette Greco, Serge Reggiani e Barbara confermandosi un autore di talento e di riconosciuta fama.


la grande Edith Piaff con un giovane Moustaky

Una sera, nel gennaio del 1969 andò in tv a cantare "le Métèque" e il giorno dopo era famoso. In Francia la canzone restò in vetta alla classifica per settanta settimane. Un record. Con la Polydor costretta a raddoppiare i turni di lavoro nella casa discografica per far fronte alle richieste.

Qualche mese dopo arrivò anche in Italia, Mike Bongiorno lo presentò alla Mostra internazionale di musica leggera di Venezia, "le Métèque" era divenuto "Lo straniero" e fu un trionfo. Lo sconosciuto capellone barbuto con quella cadenza strana vinceva la Gondola d'oro battendo fior di nomi della nostra musica come Modugno, Claudio Villa, Little Tony, Ornella Vanoni, Bobby Solo, Fausto Leali e saranno famose come Nada, Fiorella Mannoia e Marcella Bella. 

Metà pirata e metà artista, un vagabondo un musicista che ruba quasi quanto dà, come lui stesso era descritto nella canzone da un ispirato Bruno Lauzi che firmò la versione italiana del brano con un testo romantico e di facile presa che contribuì così in maniera decisiva al suo successo, Moustaki divenne improvvisamente il personaggio del giorno. Il più applaudito e ricercato. Una popolarità enorme che inevitabilmente scatenò le imitazioni (Noschese), vere termometro del successo e le parodie. Ce n'è una di Franco e Ciccio reperibile su youtube che è spassosissima.

Lauzi artefice del successo itliano di Moustaki

In quell' "autunno caldo" del 1969, non tanto per il clima ma per i più contingenti motivi sindacali e studenteschi che stavano mettendo sottosopra la società, una faccia vissuta e underground come quella di Moustaki, incorniciata da barba e capelli grigi, un po' alla Carlo Marx un po' alla santone, capitava a proposito, suscitando una sorta di interesse subliminale in un certo tipo di pubblico.

E in questo contesto tutti iniziarono a canticchiare quella ballata romantica e al tempo stesso evocatrice di atmosfere esotiche ed avventurose e ancora oggi, per chi c'era, è difficile scordare quei versi: "Con questa faccia da straniero sono soltanto un uomo vero anche se a voi non sembrerà. Ho gli occhi chiari come il mare capaci solo di sognare mentre oramai non sogno più". Una canzone che gli calzava a pennello e che la sua storia personale come la sua fisicità, rappresentavano. 

il 45 giri, un milione di copie solo in Italia

Il brano era nato da un episodio quantomeno singolare. Moustaki aveva conosciuto l'ennesima signora con cui aveva stretto un'affettuosa amicizia. Ogni volta, però, che il giovanotto ardiva esprimere un parere differente da quello della sua amica, questa lo zittiva dicendogli: “tais-toi, tu es un métèque”, taci tu che sei meticcio (emigrato, straniero, taci tu che non sei francese); il cantautore intese così risponderle ironicamente in musica, scrivendo questa canzone che è sì una canzone d’amore, ma la canzone d’amore di un etereo, libero, vagabondo sognatore.

Moustaki che poi interpretò anche una versione in francese di "Marche de Sacco et Vanzetti", cover della memorabile "Here's to you" (l'aveva scritta Ennio Morricone per la voce indimenticabile di Joan Baez, per il film "Sacco e Vanzetti") né disdegnò di avventurarsi in brani più leggeri. Come "Il rischio", che a lungo fu la sigla del "Rischiatutto", uno dei programmi più famosi di Mike Bongiorno che peraltro si vantava di averlo scoperto e che fu scritta dalla moglie del presentatore, la giornalista Annarita Torsello.

Poi, come spesso avviene per tutti quegli artisti che per i più svariati motivi e grazie a qualche brano fortunato trovano una seconda patria qui da noi, leggi ad esempio Silvie Vartan "Irresistibimente", "Come un ragazzo",  Johnny Hallyday "Quanto t'amo", Nino Ferrer "La pelle nera", "Agata", Michel Delpech "Per un flirt", "L'isola di Wight", ma non perseverano poi nel partecipare a programmi o manifestazioni canore, Moustaki sparì dai radar. Così come era arrivato, se ne andò, dall'oggi al domani, continuando comunque la sua fortunata carriera nella sua patria d'elezione, tornando però ad essere Straniero di nome e di fatto dalle nostre parti.

Moustaki Abate Faria nel Conte di Montecristo

Dimenticato, come tanti altri illustri colleghi che avevano "ballato una sola estate" (e che balli) e che col passare del tempo venivano accantonati nei meandri della memoria. Basti pensare che quando nel 1998 prese parte al "Conte di Montecristo", la miniseria televisiva con Gerard Depardieu, Ornella Muti e Jean Rochefort, pochi, pochissimi lo riconobbero nel canuto Abate Faria. Come dire il fascino del cantante guru si era perso nei capelli bianchi e le rughe di un signore di una certa età.

Poliglotta, viaggiatore, pittore, Moustaki aveva lasciato le scene nell'ottobre del 2011, dopo aver rivelato di soffrire di una malattia "irreversibile" che non gli avrebbe più consentito di cantare, finendo la sua esistenza di artista anticonformista e spirito libero un paio di anni dopo. E quando i lanci di agenzia diedero la notizia della sua scomparsa e i Mollica di turno scrissero i loro necrologi sui quotidiani, sono stati in molti a chiedersi "Moustaki? Ma chi, quello dello Straniero? Ma che fine aveva fatto?". Quella dell'artista. Oggi qui, domani là, ma per sempre nella mente di tutti con la sua musica.


 

sabato 19 ottobre 2019

Lazio, che rimonta! Le Pagelliadi

di FRANCESCO TRONCARELLI



8+ al Ciro d'Italia - La Lazio ha agguantato un pareggio con l'Atalanta dopo un primo tempo in cui era stata letteralemente seppellita da tre gol e una valanga di azioni senza soluzione di continuità da parte degli orobici. Sembrava una partita finita per quello che si era visto in campo (solo nerazzurri) e nessuno dei presenti, tra un'imprecazione e l'altra, avrebbe scommesso un euro su un riscatto da parte dei biancocelesti. Poi, nella ripresa, complice una Dea che arretrava e tirava i remi in barca credendo di avercela fatta, è uscita finalmente la vera Lazio. E la musica è cambiata, della serie cuore e orgoglio, anzi "Cuore matto" come la canzone. Perchè si è passati dalle stalle alle stelle mettendo a rischio le coronarie dei tifosi laziali. Copertina d'obbligo al bomber de noantri che non solo si è procurato i due penalty, ma si è assunto la responsabilità di calciarli sotto lo sguardo di un popolo intero che sperava nel miracolo. Bravo Ciro, si nu' babà!

7 a Correa l'anno 1900 - Un gol da favola che lo ha restituto all'affetto di chi segue la Prima squadra della Capitale. La rete della speranza, segnata un minuto dopo la prima botta di Immobile. Un Tucu di classe che lo ha esaltato scatenando l'inferno sugli spalti. Ecco, dovrebbe girare sempre così. E sarebbe uno spettacolo bellissimo. Avete presente Ulisse di Alberto Angela?

6+ ad Antonio Elia Acerbis - L'unico a mantenere la barra dritta quando tutto andava storto. E scusate se è poco.

6+ al Sergente - A forza di leggere quello che scrivevano i giornali durante la settimana su di lui ("il castigatore dell'Atalanta" ecc.), ha creduto che sarebbe bastato entrare in campo per vincere. Un errore alla Salvini quando ha fatto cadere il governo credendo che le elezioni fossero dietro l'angolo lui. E invece dietro l'angolo c'era Mattarella. Così il pennellone s'è trovato davanti un macchina da guerra perfetta su cui è andato a sbattere a ripetizione. Poi si è rimboccato le maniche e i calzettoni e...

6+ a Massimo Di Cataldo - Con lui in campo la squadra ha iniziato a girare. Incredibile ma vero. Come Achille Lauro chiamato sul palco del Premo Tenco per cantare una sua canzone. L'hanno fatto rivoltare nella tomba.

6 a Sylva Strakoshina - Ma come ne ha presi tre e gli arriva una sufficienza? Perchè no. Nel primo tempo nonstante quelle tre pappine è stato l'unico a giocare e, paradossalmente a parare. Pensate che zozzeria hanno combinato gli altri in quei 45 minuti. 

6 a Patric del Grande Fratello - E' entrato per fare quello che gli riesce meglio, la caciara. E c'è riuscito benissimo, li ha talmente confusi che abbiamo rimontato. Dovrebbero chiamarlo al ministero dell'economia. Hai visto mai se risollevamo senza nuove tasse?

5 e mezzo a veni, vidi, Lulic al 71° - Arruginito più che mai, nè più nè meno di Toto Cutugno, ha cercato di scodellare qualche cross decente. Il problema è che non ci credeva neanche lui, un po' come David De Marinis quando ha imitato Lucio Battisti da Carlo Conti. Sembrava Jerry Calà travestito da Cristian.

5 a Lupo Alberto - C'era una volta il Ciuffo biondo che faceva impazzire il mondo. Il Ciuffo è sparito ed è rimasto solo Dino e pure senza crodino. Je basta un siberiano liscio.

5- - a dillo a Parolo tuo - Come può uno scoglio arginare il mare, figurarsi una mezzala davanti la difesa per fare il Leiva della situazione. Arrivavano da tutte le parti e le parole stavolta non hanno funzionato. Ha preso più sberle lui che lo stalker Paolini dai cameramen della Rai.

4 e mezzo a Innamoradu e chiedimi se sono Felipe - Con loro in difesa si balla. Twist, rumba, cha cha cha. Cose mai viste, come nel film "Lui è peggio di me" e tutti e due insieme fanno ride come Ficarra e Picone e a tratti famo piagne come Alessandro Haber e Rocco Papaleo a Maledetti amici miei su Rai 2. Una coppia che scoppia. Della serie "Tre tre giù giù", come i pallini che avevamo preso e che ci stavano affondando. Poi sul finale i crampi per il primo, un classico come "Una poltrona per due" in Tv a Natale e il salvataggio sulla linea da parte dell'altro, una sorpresa come Renzi tornato a galla. Amen.

3 a Somarusic - Sonnambulo della prima ora, ha dormito alla grande manco avesse fatto una superflebo di camonilla e tranquillanti. E' sembrato insomma più de là che de qua, come Gigi Marzullo quando a mezzanotte spara le sue domande surreali al malcapitato di turno. Inutile come la Litizzetto, inverosimile come Malgioglio, inespressivo come Travaglio, intronato come Alvaro Vitali, ha dato insomma il meglio di sè. Come uno Sfera Ebbasta qualsiasi. Basta appunto. Sipario.


Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Sabato, 19 ottobre 2019

Incredibile pareggio tra Lazio ed Atalanta. Nella gara valida per l’ottava giornata all’Olimpico sotto di tre gol già dopo 37’, i biancazzurri sembrano già travolti nel primo tempo da una doppietta di Muriel ed un gol di Gomez. Nella ripresa invece la rimonta inizia con un penalty trasformato da Immobile, poi accorcia Correa ed infine proprio al 90’ ancora un rigore di Immobile completa il recupero laziale, fissando il risultato sul 3-3. Le due formazioni si presentano a questa sfida con un’assenza importante per parte: Zapata negli orobici, Leiva tra le fila biancazzurre. Gasperini, che vuole tenersi stretto il ruolo di terza forza in campionato, oggi schiera Gosens e Malinovski, mandando Muriel a far compagnia a Gomez in avanti. Simone Inzaghi invece opta per Marusic e non Lazzari, con Parolo a centrocampo. Sin dall’inizio la gara è molto combattuta: l’Atalanta però mostra maggior incisività e voglia di prevalere. Il tiro di Malinovski e poi quello di Pasalic sono un antipasto alla parata d’istinto di Strakosha che con i piedi all’11’ salva la sua porta dal tiro a colpo sicuro di Pasalic. Poco dopo Muriel sbaglia mira e l’altra grande occasione atalantina si perde sul fondo. L’Atalanta prende campo ed al 22’ arriva il meritato vantaggio per gli uomini di Gasperini: Muriel riceve in area da Gosens e col destro di prima intenzione piazza la palla all’angoletto lontano, sbloccando il risultato. Passano una manciata di minuti ed arriva il raddoppio: sempre Muriel direttamente su calcio piazzato la mette nello stesso punto del primo gol, senza che nessuno riesca a deviarla ed ingannando anche Strakosha. Al 33’ sempre Strakosha para il possibile 0-3 che però arriva puntuale al 37’, quando Gomez supera in velocità Acerbi e trafigge di nuovo il portiere laziale dai 18 metri. Per la Lazio è buio pesto; non un accenno di reazione, nemmeno un tentativo isolato riesce a strappare un elogio agli spettatori biancazzurri, a mezza strada tra il rassegnato e l’inviperito. Nella ripresa Inzaghi mette in campo Patric e Cataldi, per Marusic e Parolo peraltro già ammoniti, al 52’ Immobile non riesce a calciare da ottima posizione, poi Correa è l’unico che strappa un applauso dopo un doppio passo ed un tiro a fil di palo al 57’. Immobile continua a non avere la giusta mira, mandando fuori da distanza ravvicinata al 65’, ma poco dopo atterrato da Palomino si procura un calcio di rigore. Va alla battuta lo stesso Immobile che trasforma spiazzando Gollini. Le emozioni sopite fino a quel momento ora si susseguono con un ritmo incredibile. Appena centrato il pallone Correa riceve lungo da Immobile e va a siglare il gol del 2-3 con un diagonale imparabile. La partita cambia faccia: al 78’ Cataldi la mette sul palo lontano ma Gollini fa il primo miracolo e riesce a respingere, poi si ripete sul colpo di testa di Correa da dentro l’area piccola. Malinovski sfiora il poker all’82’ calciando largo, poi Luis Felipe salva sulla linea una rete fatta e al 90’ De Roon atterra Immobile. Per Rocchi è ancora calcio di rigore che va a battere ancora il bomber laziale, che nonostante la deviazione di Gollini, manda ugualmente il pallone in porta, concretizzando allo scadere un’inaspettata ed incredibile rimonta. Una Lazio inguardabile nel primo tempo, cambia volto nella ripresa riacciuffando un risultato che sembrava ormai scontato. Cosa dire: grande impegno e forza di volontà per gli uomini di Inzaghi, tacciati durante la settimana dallo stesso Lotito di essere molli e troppo arrendevoli. La grinta alla fine è uscita fuori, smorzando la pioggia di critiche che avevano gioco forza accompagnato la squadra dopo i primi 54’. Però questi ragazzi, nonostante la buona prestazione continuano a prestare il fianco alle polemiche: quel primo tempo non deve esistere, la Lazio non si può permettere di giocare così male. L’augurio è che finalmente i giocatori biancocelesti capiscano che non si può vincere guardandosi solo allo specchio; la Lazio ha i mezzi per poter fare grandi imprese e lo ha dimostrato oggi, giocando alla pari anche contro una grande del calcio italiano.              

LAZIO    ATALANTA   3-3    22’ 28’  Muriel 37’ Gomez   68’ 90’ Immobile (rig.)  69’ Correa
ATALANTA: Gollini, Toloi, Palomino, Masiello (73’ Kjaer), Hateboer, Freuler, Pasalic (59’ De Roon), Gosens, Malinovski,  Gomez, Muriel (65’ Ilicic). All. GasperiniLAZIO: Strakosha, Luis Felipe, Acerbi, Radu (78’ Caicedo), Marusic (46’ Patric), Parolo (46’ Cataldi), Milinkovic, Luis Alberto, Lulic, Correa, Immobile.  All: Inzaghi
Arbitro Rocchi



domenica 6 ottobre 2019

Lazio, Correa ma non posso. Le Pageliadi

 di FRANCESCO TRONCARELLI



8 e mezzo al Ciro d'Italia -  Una Lazio soporifera e a intermittenza ha pareggiato a Bologna una partita che se avesse avuto un po' di grinta e soprattutto se avesse concretizzato il calcio di rigore, avrebbe potuto vincere. Avrebbe. La verità è che dalla cintola in giù ha deluso molto, specialmente in difesa dove abbiamo resuscitato avversari sepolti da anni (Palacio giocava nel Genoa ai tempi dello Scudetto negato del 1915). I cambi conseguenti il rosso per delineare il nuovo assetto poi, non hanno modificato l'andazzo altalenante e rocambolesco del tutto. Protagonista assoluto del match il bomber de noantri autore di una bella doppietta ed oggetto del pensiero di tutto il popolo laziale al momento dell'assegnazione del penalty. Ma era stato sostituito. Amen.

7 a Lupo Alberto - Uno dei pochi a confermare le sue qualità. Come Fiorello. Dai suoi piedi le azioni migliori e un assist al bacio. Non sarà più il Ciuffo biondo che faceva impazzire il mondo, ma je l'ammolla lo stesso. Bravo.

6+ al Sergente - Un paio di passi indietro rispetto lo show in Europa. E' riuscito comunque a galleggiare in mezzo al campo facendosi notare. Come Renzi che ogni giorno ne tira fuori una contro il premier Conte, pe' dasse un tono.

6 a Sylva Strakoshina - Due li ha presi, è vero, ma tre o quattro parate le ha fatte alla grande. Dice ma quello deve fare: eh come no, ma qui è pieno de gente che dovrebbe fare quello per cui è pagata e poi finisce a tarallucci e monnezza. Chiedere all'Ama per esempio.

6 ad Antonio Elia Acerbis - Se anche una certezza come lui vacilla e si specchia per compiacersi, vuol dire che qualche cosa non va. Un po' come Loretta Goggi a Tale e quale, che a forza di elogiarsi come imitatrice del tempo che fu, tira fuori votazioni da ridere. Avete presente le mie Pagelliadi? 

6- a Innamoradu - Senza infamia e senza lode. Nè più nè meno del Mago Forrest da Fazio, che non fa ridere ma almeno non dà fastidio a nessuno. Del resto lo tengono lì per fare numero. 

6- a veni, vidi, Lulic al 71° - Messo in mezzo da "Orsolini Ceramiche - Showroom in via Aurelia n.1007" in occasione del vantaggio iniziale del Bologna, si è riscattato subito dopo fornendo l'assist per Ciruzzo. Ha fatto come Zingaretti che dopo le batoste all'Europee si è ritrovato al governo. Incredibile ma vero.

5 e mezzo a Bastos e avanzos, dillo a Parolo tuo e Meco Jony - In tre non ne hanno fatto uno buono. Come Aldo, Giovanni e Giacomo che non a caso so' spariti.

5 a chiedimi se sono Felipe - Uccellato come un pivello da uno che non segnava da tre anni che saltando per colpire col capoccione j'ha pure magnato in testa un piatto di tortellini. Un tracollo.
 
5- a Somarusic - Il Sonnambulo colpisce ancora. Na dormita che lèvate. Neanche Gigi Marzullo che s'ipnotizza da solo sarebbe stato capace di tanto. Ronf ronf e tutti a casa.

5- - a Lucas 2.0 - Ineccepibile fino al rosso. Come D'Alema finchè è stato nel PD. Poi l'ha fatta fuori dal vaso ed è stato cacciato. Come D'Alema appunto.

4 e mezzo a Correa l'anno 1900 - El Tucu c'è ma non si vede. E soprattutto non vede la porta. Non la vede quando in azione dopo essersi dribblato da solo la spara sul portiere avversario figurarsi se la vede quando deve tirare solo soletto dal dischetto. E' stata proprio una giornata no, iniziata male, con il tunnel subìto da Ugo Tognazio e finita malissimo con quell'errore a una manciata di minuti dalla fine. Ma lui è così, un affamato cronico, i gol se li magna che è una bellezza, li divora tanta è la fame arretrata, al confronto il Pannella dei tempi d'oro che dopo du' mesi de digiuno se scofonava de tutto e di più, sarebbe considerato un dilettante. Dal Manuale della Cucina di Suor Germana, pag. 35: "evitate le abbuffate che poi non vi sentite bene, meglio qualche spuntino durante il giorno per esssere sempre in forma e centrare così i vostri obiettivi". Ecco, datte una regolata.



Appunti di gioco
di Roberto Taglieri

Domenica, 6 ottobre 2019

Tra Bologna e Lazio finisce in parità. Al “Dall’Ara” nella gara valida per la settima giornata tutti i gol sono siglati nel primo tempo: un doppietta di Immobile fa da contraltare alle due reti di Krejci e Palacio, ma c’ è da registrare nel finale della ripresa l’errore di Correa dagli 11 metri che tiene il risultato finale sul 2-2. Sinisa Mihajlovic, che oggi è di nuovo in panca, dopo la aver raccolto solo un punto in tre partite cerca il riscatto proprio contro la sua ex squadra. In difesa ritorna Danilo, il dubbio poi tra Mbaye o Krejci è risolto con l’impiego di quest’ultimo, infine il suo 4231 senza Soriano vede Sansone con Palacio in avanti. Invece Simone Inzaghi che ha tutti disponibili, non manda in campo nessun nuovo acquisto: oggi c’è Marusic e non Lazzari, Lulic e non Jony, Correa ed Immobile completano la formazione, che è praticamente la stessa che ha battuto gli emiliani l’anno scorso. Un minuto di silenzio ricorda la scomparsa di Squinzi, poi inizia la partita, col Bologna che impone un ritmo molto elevato ai biancocelesti. Palacio va alla conclusione già al 7’, poi si vede la Lazio con Luis Alberto, che con una parabola insidiosa direttamente dal corner impegna Skorupski. Al 20’ Orsolini si libera di Lulic, crossa per Krejci che supera Luis Felipe di testa e sigla il vantaggio per i suoi. Ma il Bologna si fa raggiungere dopo pochissimo: è Lulic a liberare Immobile, defilato sulla sinistra, che in area  supera il portiere di destro con un rasoterra preciso tra Skorupski ed il palo. Alla mezz’ora però i padroni di casa tornano su: Svanberg riesce a battere a giro e colpisce il palo, riprende Palacio che sotto porta  firma il 2-1. Poco dopo Strakosha blocca il diagonale di Svanberg, che gioca benissimo tra le linee e crea non pochi grattacapi alla Lazio. Dopo una parata di Strakosha su Sansone la squadra di Inzaghi torna in parità. Il triangolo tra Luis Alberto ed Immobile è concluso da quest’ultimo con un destro leggermente deviato che s’insacca alle spalle di Skorupski e le due squadre tornano in equilibrio. Nel secondo tempo al 50’ è annullato un gol al Bologna, ma poi la prima svolta arriva al 60’ quando Orsato per doppia ammonizione espelle Leiva e la Lazio resta in 10. Inzaghi  fa uscire Luis Felipe ed Immobile per Bastos e Parolo, l’inferiorità numerica però dura poco perché al 70’ Medel atterra Correa lanciato in porta e l’arbitro estrae il rosso anche per il giocatore felsineo. Krejci al 75’ colpisce male e l’occasione d’oro per il Bologna se ne va sul fondo, poi il tiro di destro da parte di Luis Alberto è ben direzionato ma trova i guanti del portiere. All’84’ Correa, poi un minuto dopo Palacio hanno due ottime opportunità ma è all’86’ che si presenta la grande occasione per i biancazzurri. Su un’ottima ripartenza del nuovo entrato Jony, Acerbi arriva in area e Palacio lo atterra con un calcione. Orsato decreta il penalty che va a battere Correa: il suo tiro però colpisce la traversa ed il Bologna così nel finale si salva in modo rocambolesco. L’opportunità di Skov Olsen, entrato da poco, è l’ultima nota sul taccuino della gara, che termina sul 2-2. Una partita avvincente, tormentata, difficile, giocata molto bene dal Bologna ma che la Lazio poteva anche far sua con quel calcio di rigore. Una vittoria biancazzurra però sarebbe stato un premio troppo grande per la squadra capitolina, che ha giocato solo a tratti e non ha mostrato una manovra convincente. Da rivedere soprattutto la difesa, che continua a presentare troppe indecisioni; anche gli altri reparti mancano di velocità ed aggressività e gli avversari sono spesso agevolati da lacune ed errori. Simone Inzaghi dovrà lavorare ancora duramente, se vorrà cambiare il volto a questa Lazio, che dopo la sosta se la vedrà contro l’Atalanta: una prova davvero difficile.
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BOLOGNA   LAZIO    2-2     20’ Krejci  23’  39’ Immobile 30’ Palacio
BOLOGNA: Skorupski, Tomiyasu, Danilo, Bani, Krejci, Medel, Poli, Orsolini (81’ Olsen), Svanberg (72’ Schouten), Palacio, Sansone (86’ Santander).  All: Mihajlovic
LAZIO: Strakosha, Felipe (60’ Bastos), Acerbi, Radu, Marusic, Leiva, Milinkovic, Luis Alberto, Lulic (80’ Jony), Correa, Caicedo, Immobile (60’ Parolo).  All: S. Inzaghi
Arbitro Orsato

sabato 5 ottobre 2019

Gianni Elsner, dieci anni senza la sua Voce

di FRANCESCO TRONCARELLI


Dieci anni fa se ne andava Gianni Elsner, la “voce” di Roma. Un uomo solare, allegro, colto e al tempo stesso affamato di conoscenza. Uno spirito libero e una persona perbene che rispettava tutti e che tutti rispettavano per la sua autonomia e onestà intellettuale. Un provinciale che sbarcato da Merano nella Capitale si era immediatamente innamorato di questa città, cogliendone umori e amori, apprezzandone riti e miti e all'occorrenza perpetuandone usi e costumi.

Era un “giovin attore” di belle speranze che aveva frequentato l’Accademia “Silvio D’Amico”, che tra una particina nei poliziotteschi anni 70, una recita a teatro e un pasto a base di caffellatte s’improvvisò dall'oggi al domani conduttore radiofonico, inventando letteralmente il modo di fare comunicazione nell’etere romano con un successo strepitoso. Unico. Incredibile. Dagli inizi come pioniere a Radio Luna, ai fasti di Radio 6.

E da subito così fu Gianni Elsner, come dire “la” Radio. Dal 1976, per trentatre lunghi anni, tutte le mattine davanti ai microfoni, dalle 10 alle 14, con quella sua voce calda e profonda "alla Alberto Lupo" come gli dicevo spesso ricevendo il suo sorriso sincero di compiacimento, ha dato vita a un talk appassionante e coinvolgente dove si raccontava la quotidianeità, dove si faceva cultura trasmettendo in diretta monologhi teatrali (mentre gli altri mandavano dediche e canzonette!), dove si risolvevano i problemi dei cittadini, dove al momento giusto si cazzeggiava goliardicamente per stemperare gli animi o per il puro gusto dell'intrattenimento a briglia sciolta.

 Elsner con Paola Cortellesi

Dove praticamente si creava dal nulla la cosidetta talk radio. Con ospiti dal talento riconosciuto che con lui entravano nelle case degli ascoltatori per raccontare momenti di spettacolo imperdibili (Gigi Proietti, Glauco Mauri, Miranda Martino, Amedeo Minghi, tanto per fare qualche nome dei tanti) o con aspiranti "Saranno famosi" che passando nel suo studio "alle Balduine" avrebbero ricevuto una mano per un loro progetto al debutto e perchè no, per la loro carriera.

La gente era conquistata dalla sua spontaneità, dalla sua bravura (bisognava sentirlo recitare il dramma di Arthur Miller “Morte di un commesso viaggiatore” o le poesie di Nazim Hikmet), dalla sua tigna nell’affrontare i casi difficili e risolverli. Non a caso il programma aveva un titolo emblematico “Te lo faccio vedere chi sono io”, preso in prestito dall'omonima canzone di Piero Ciampi scelta fra un mucchio di dischi da Luciano Re Cecconi come sigla del programma.
 
Si trattasse della vecchietta scippata della pensione all’uscita della posta, si trattasse di Brunilde, la cameriera di Soraya messa alla porta senza stipendio e casa su due piedi, si trattasse di centinaia di bambini privi di tutto in Paraguay e portati a scuola e accompagnati nella vita grazie alla intuizione delle adozioni a distanza, i "bambuccini" seguiti dai missionari Hermana Fabiola e Padre Attilio che anche adesso (tramite www.associazionegiannielsener.it ) continuano a ricevere un aiuto concreto. Per tutto c’era Gianni, l’amico di tutti. Poveri e sconosciuti soprattutto, di cui è sempre stato il paladino, ma anche ricchi e famosi.

Gianni col presidente Cragnotti

Vip come Bonolis, la Ferilli, Venditti e compagnia cantando, che nell’ospitata nella sua trasmissione diventavano semplici cittadini alle prese con i problemi di Roma e non saccenti e inavvicinabili divi. Bastava poi che aprissse le dirette ed era tutto un susseguirsi di "Gianni che mi consigli", "Gianni che facciamo", "Gianni che dici", "Gianni hai visto quel programma", "Gianni mi marito vo’ sapè quando ce riporti ar teatro che jè piaciuto tanto". E soprattutto, "Gianni ma sta Lazio…".

Sì la Lazio, il suo grande amore al quale ha dato tanto fino all’ultimo (è scomparso con ancora negli occhi la grande vittoria nella Supercoppa dopo l'ultima e più lunga trasferta della sua vita, a Pechino), cercando di risolvere in trent'anni da tifoso le situazioni burrascose che si sono ciclicamente proposte, appoggiando la società quando in molti la contestavano e portando la gente allo stadio per essere vicini alla squadra, mai divisivo, sempre e semplicemente laziale che amava la Lazio.

Un impegno e un punto di riferimento costante per tutti i tifosi della Prima squadra della Capitale, quando parlare di Lazio era difficilissimo e molto più ostico di oggi. Il Lunedì dopo la partita, la sua apertura in Radio, faceva tendenza, per esaltarsi nel commentare una vittoria, per tirarsi su quando c'era stata una sconfitta, disanime e prese di posizione che poi proseguivano durante la settimana con discorsi sempre pacati e mai offensivi fino ad arrivare il sabato con il celebre "fomento" via etere per la partita in arrivo.

Il bandierone con Gianni all'Olimpico

Dalla sua trasmissione partivano le invasioni pacifiche al Maestrelli per sostenere la squadra, le trasferte in tutta Italia, lì si svolgevano le litigate con Calleri e i tentativi di rendere meno didascalico Lotito, le dirette, seguitissime, con Eriksson e Mancini, ma soprattutto si irradiava la sua sicura e confortante voce amica nei momenti bui dei vari calci scommesse, quando tutto sembrava perduto e Gianni resisteva ricompattando l’ambiente. “Un amore così grande”, la Lazio per lui, come la canzone che a sue spese fece mandare dagli altoparlanti dell’Olimpico il giorno della partita disperazione, Lazio-Vicenza.

La notizia che “il nostro amico Gianni è volato in cielo”, mi arrivò all’improvviso alle 20 e 45 del 5 ottobre 2009 tramite un sms della sua editrice e al tempo stesso fan, Lucilla Nicolanti. Non un fulmine a ciel sereno, perché sapevo che stava male, ma in ogni caso una mazzata tremenda. E non poteva essere altrimenti perché con Gianni Elsner ero cresciuto, ascoltandolo la mattina alla radio quando ero ufficialmente a casa per studiare e diventandone poi col tempo amico.

Un’amicizia nata sull’onda dell’entusiasmo per i suoi "one man show" quotidiani dove parlava di tutto e spesso e volentieri di Lazio e coltivata negli anni con interviste e pezzi su di lui che scrivevo per il Messaggero e collegamenti vari nella sua trasmissione in cui parlavamo di spettacolo.



Quel senso di smarrimento che mi pervase dieci anni fa per quella triste notizia, fu il senso di smarrimento di tutti, chi lo seguiva infatti si sentì improvvisamente orfano di un amico di famiglia o di un fratello maggiore che quando avevi bisogno c'era sempre per tenderti una mano e farti sentire meno solo in questa giungla metropolitana che ci circonda e spesso ci sovrasta.
 
Inventore del talk show radiofonico, conduttore per antonomasia dell’etere romano a cui tutti gli speaker attuali devono no qualcosa ma tutto, appassionato di cinema e paladino della gente più umile, è stato anche l’unico deputato nella storia del Parlamento italiano (Monarchia e Repubblica) a devolvere l’intero stipendio di deputato, ben 11 milioni delle vecchie lire mensili, in beneficenza alla Casa di riposo per Artisti "Lyda Borelli" di Bologna, mandando su tutte le furie Pannella che l’aveva messo in lista coi Radicali e che voleva la sua parte per il partito.

In 33 anni insomma ce l’ha fatto vedere chi era lui, una bella persona, altruista, non schierata e per questo libera. Ha cominciato con Strehler al Piccolo di Milano e ha finito con Roma, più romano di tanti romani, incarnandone lo spirito più autentico, quello dell’uomo dal grande cuore. A dieci anni da quel 5 ottobre in cui se ne andò in silenzio, a tutti quelli che lo hanno consociuto manca enormemente la sua umanità, il suo carisma, la sua lazialità, il suo essere Gianni Elsner.

Alessandro Momo, 50 anni dopo

 di FRANCESCO TRONCARELLI Chissà cosa avrebbe detto della Lazio di Baroni Alessandro Momo. Sicuramente sarebbe stato contento di vederla gio...