lunedì 19 dicembre 2022

Scalonissimo

di FRANCESCO TRONCARELLI

Lionel Scaloni è sul tetto del mondo per aver portato la sua Argentina alla conquista del titolo più prestigioso del calcio. In pochi quando fu chiamato a sostituire Sampaoli avevano scommesso su di lui, due mesi e passserà il testimone a qualcun altro più qualificato ed esperto, dicevano. E invece...e invece abbiamo visto tutti come è andata a finire. 

Scaloni, più giovane allenatore dei Mondiali, è l'unico tecnico nella storia del football argentino ad aver vinto La Coppa America e il Mondiale con la selezione del suo paese. E scusate se è poco. Certo c'erano Messi e tutti quei campioni in campo, ma al timone c'era lui. Una nostra cara e vecchia conoscenza.

Per lui scrissi un articolo su Globalist quando se ne andò, era il 30 gennaio del 2013, in cui spiegavo perchè era entrato nel cuore della gente laziale pur avendo giocato poco. Lo ripropongo nella sua interezza per chi non ricorda o chi non capisca il motivo per cui lo sentivamo e lo sentiamo ancora "uno di noi". Eccolo:
 
Beniamino de tifosi e leader dello spogliatoio, senza giocare. Scaloni se ne va dalla Lazio e la squadra gli dedica la vittoria in Coppa Italia contro la Juve. Un quadretto da libro “Cuore” per un giocatore tutta grinta e asado
 

di Francesco Troncarelli

Giocare poco ma diventare comunque un beniamino della gente e un leader dei compagni. Può capitare, capita. A Lionel Scaloni, 34 argentino di Rosario, difensore tuttofare fino all’altro giorno della Lazio, dove ha disputato appena 63 partite tra campionato e coppe in quattro stagioni e mezza, è capitato.

A “Scalo” infatti, vogliono tutti bene nella Città Eterna. I tifosi naturalmente, che hanno sempre apprezzato il suo modo di proporsi in campo tutto grinta e cuore e che ora hanno inondato facebook e i siti dedicati alla prima squadra della Capitale di commenti amareggiati per la sua inspiegabile cessione e tanti ma proprio tanti saluti calorosi. 

I compagni di squadra poi, che hanno visto in lui un fratello maggiore, un amico, un leader dello spogliatoio, il capitano non giocatore per antonomasia, come Pietrangeli all’epoca dei trionfi di Panatta e Bertolucci nel tennis. La dedica del gol segnato da Gonzalez nella semifinale vinta contro la Juve ne è la più chiara e sintomatica conferma.

 
La foto del giocatore uruguaiano che esibisce la maglia numero 5, quella da sempre appartenuta al buon Lionel, mentre la squadra esulta per la rete appena siglata ai bianconeri ha fatto il giro del web e dei media. 

Una testimonianza d’affetto e riconoscenza per il collega “ceduto” sul più bello da parte dei compagni, che non ha precedenti nel Belpaese pallonaro, un episodio da libro “Cuore” che solo in casa Lazio poteva succedere.

Ma tant’è, perché per lui, è successo. Pur non essendo un fenomeno o un campione, ma molto più modestamente un onesto e navigato lavoratore del pallone seppur con un glorioso palmares nel Deportivo La Coruna alle spalle. 

Amato da tutti pur non chiamandosi Maradona o Klose insomma, per via di quel carisma innato che tutti gli riconoscono. Come Wanda Osiris, la mitica regina del varietà, (paragone sicuramente azzardato ma che rende), che pur non essendo una donna super quanto a bellezza rispetto alle tante soubrettine che giravano all’epoca, riscuoteva comunque grandi successi e innumerevoli dichiarazioni d’amore dai suoi fan, per via del suo fascino e carisma sulle scene. 

L'articolo su Globalist

Molto daje de tacco e daje de punta, arrugginito dalla inattività condita da innumerevoli panchine e grigliate di asado argentino a Formello, Scalonissimo in ogni caso, ha comunque dato il fritto in campo ogni qualvolta è stato buttato nella mischia. Sempre, senza se e senza ma e con tutti i suoi limiti e con tutta la sua proverbiale determinazione.

Come quando nel finale della scorsa stagione, stante una catena di infortuni dei titolari, divenne fra gli insostituibili della Lazio targata Reja, giocando a destra e a sinistra, sempre col coltello fra i denti e la voglia di vincere. Una serie di prestazioni applaudite da tifoseria e stampa iniziata alla grande col derby di ritorno (2-1 con reti di Hernanes e Mauri), dove il prode Lionel guidò una squadra con sette rincalzi al trionfo. 

Ecco il motivo per cui, adesso che “Scaloni, uno di noi”, come dicono i tifosi biancocelesti, se ne va, c’è dispiacere e rammarico nell’ambiente e la piazza rumoreggia. Dove lo ritroviamo un jolly come lui che aveva già l’erede pronto, Scaloncino, a vestire la gloriosa maglia biancoceleste?  

La risposta alle prossime puntate della storia della Mitica. A noi intanto c’è rimasto solo il tempo del saluto e dei ringraziamenti: adios Scalonissimo, gracias e buena suerte. E la vita in biancoceleste continua.    

                                                             Scaloni alza la World Cup Qatar 2022


domenica 18 dicembre 2022

Addio Lando Buzzanca

di FRANCESCO TRONCARELLI

Lando Buzzanca è morto oggi a Roma. Aveva 87 anni, era ricoverato da fine novembre al Policlinico Gemelli dopo un periodo trascorso in una RSA. Buzzanca era caduto dalla sedia a rotelle e per questo portato in ospedale, che avrebbe dovuto lasciare per una struttura di riabilitazione prima che la situazione precipitasse.

E' stato uno degli attori più popolari del nostro Cinema, nel vero senso della parola, grazie ai film girati negli anni Settanta che registravano incassi clamorosi e sbancavano il botteghino. Era il simbolo e lo stereotipo del maschio italiano, spesso impegnato nei ruoli del tipico siciliano, amante o marito geloso. 

Questo nonostante gli inizi promettessero una carriera di diverso spessore dopo che nel 1961 Pietro Germi lo aveva chiamato prima per interpretare il personaggio di Rosario Mulè in Divorzio all’italiana e poi nel 1964 per quello di Antonio in Sedotta e abbandonata.

agli inizi della carriera

Nato nel 1935 a Palermo in una famiglia di attori (lo erano sia il padre che lo zio), Buzzanca si è trasferito a Roma quando aveva 17 anni. Nella capitale ha frequentato i corsi di recitazione all’Accademia Sharoff, di cui è poi divenuto presidente onorario, e ha cominciato con il teatro, prima di dedicarsi al cinema.

Proprio per quella caratterizzazione del tipico maschio siciliano, anche un po’ tonto, Buzzanca è stato relegato dalla critica cinematografica tra i caratteristi, anche se dopo l’inizio con Germi nel 1967 lo volle anche Alberto Lattuada per interpretare il suo film Don Giovanni in Sicilia.

Gli anni Settanta che lo vedevano protagonista sullo schermo, si aprono per Buzzanca con il grande successo in televisione del programma, in coppia con Delia Scala, Signore e signora di cui si ricorda la battuta “mi vien che ridere” che diventerà un tormentone. 

Poi ecco i film che consolideranno la sua immagine di maschio ruspante, alcuni caratterizzati da una vena comica che incontra il favore del grande pubblico.

Homo eroticus di Marco Vicario, la commedia sexy Il merlo maschio (1971) e Quando le donne persero la coda (1972) entrambi per la regia di Pasquale Festa Campanile, e poi i film in cui tratteggia personaggi realmente esistenti come Il sindacalista di Luciano Salce (1972) e All’onorevole piacciono le donne, di Lucio Fulci (1972) e L’arbitro di Luigi Filippo D’Amico (1974) ispirato a Comcetto Lo Bello.


E ancora, Jus primae noctis, sempre nel 1972 diretto da Pasquale Festa Campanile, L’uccello migratore di Steno (1972), Io e lui di Luciano Salce (1973) e La schiava io ce l'ho e tu no di Giorgio Capitani (1973). In totale, nel decennio girerà 21 film molti al fianco delle attrici più desiderate e famose del momento, da Claudia Cardinale a Catherine Spaak, da Barbara Bouchet a Senta Berger e Joan Collins.

Le commedie sexy negli anni Ottanta divennero una moda, ma Buzzanca a un certo punto si rifiutò di continuare ad alimentare l’immagine che lo aveva reso celebre, preferendo al cinema la radio in cui, per alcuni anni, fu conduttore di programmi di grande successo come Gran Varietà e Buzzanco, proiezione radiofonica del personaggio inventato per la tv a Signore e signora.

Dopo alcuni anni di attività in teatro, nel 2005 Buzzanca torna alla tv con la fiction Mio figlio, in cui interpreta il padre di un ragazzo omosessuale con enorme successo di pubblico. Nel 2007 lo vuole per I Viceré il regista Roberto Faenza, grazie al quale ha vinto il Globo d’oro come miglior attore. 

col figlio Massimiliano

Della serie Mio figlio è stato realizzato il sequel Io e mio figlio – Nuove storie per il commissario Vivaldi, andato in onda nel 2010 stesso anno di Lo scandalo della Banca Romana e Capri 3.

Lando Buzzanca è stato sposato con Lucia Peralta per 57 anni e dal loro matrimonio sono nati Massimiliano e Mario. Ultimamente era salito alla ribalta della cronaca per una vicenda amorosa più o meno presunta che aveva fatto parlare i giornali di gossip scatenando una serie di polemiche con i suoi familiari. 

Ora che se n'è andato, tutto questo chiacchiericcio che aveva messo in secondo ordine l'attore di lungo corso capace di spaziare dal Teatro al Cinema con grande professionalità e mestiere, purtroppo riprederà vigore, ma sicuramente non offuscherà la sua fama e l'applauso di chi lo ha sempre seguito. Addio Lando.


Alessandro Momo, 50 anni dopo

 di FRANCESCO TRONCARELLI Chissà cosa avrebbe detto della Lazio di Baroni Alessandro Momo. Sicuramente sarebbe stato contento di vederla gio...