domenica 2 gennaio 2022

Ivan Graziani, 25 anni senza la sua chitarra

 di FRANCESCO TRONCARELLI


 "Tu sai citare i classici a memoria, ma non distingui il ramo da una foglia”

Ironico, estroso, geniale, spesso tagliente e ma ancora di più malinconico, Ivan Graziani ci lasciava nella notte del primo gennaio 1997 per un male incurabile, nella sua casa di Novafeltria, nel riminese, tra Emilia, Romagna, Marche e non lontano dal suo amato Abruzzo. 

Per tutti era il cantautore con la chitarra elettrica o meglio "la chitarra rock della musica d'autore italiana". Nel panorama musicale italiano è stato un artista particolare, unico. Capace di coniugare il rock alla poesia, le sei corde di cui era un grande virtuoso come delle sette note, al sentimento, la narrazione delle storie minime alla qualità della grande scrittura.

Ivan Graziani e la chitarra erano un tutt’uno, con lei sprizzava energia a mille, travolgendo chi lo ascoltava e seguiva nei suoi live. La sua fedele Gibson compagna di tante serate nel raccontare di “Maledette malelingue” e “finanzieri e contrabbando” e con la quale volle essere sepolto insieme al gilet in pelle con un gancio particolare per sorregerla che aveva creato personalmente.

Aveva appena 51 anni Graziani e aveva dato tanto alla musica con la sua passione e i suoi sentimenti, chissà cosa avrebbe potuto dare ancora e soprattutto dire adesso del nostro paese così diverso da quello in cui era cresciuto e che aveva tanto amato e analizzato attentamente.

Era infatti il cantore principe di quell’Italia meno evidente ma vitale rappresentata dalla provincia, capace come era di riuscire a rendere esaltanti e intriganti grazie alla sua sensibilità ed ironia, microstorie animate da personaggi locali e particolari, da figure sbiadite realmente esistite o intraviste nella fantasia. 

Un artista fuori dagli schemi, oltre le righe, poliedrico (disegnava fumetti la sua prima grande passione, dipingeva quadri, scriveva romanzi), che non è stato mai “allineato e coperto” alle mode del momento. 

La sua produzione infatti non si è mai omologata alle tendenze della musica italiana anni Sessanta e Settanta, non ha fatto parte cioè né dei cantautori “politici” ispirati al folk di Bob Dylan, né in quella degli importatori del rock’n’roll alla Elvis Presley o degli imitatori dei Beatles.

Lui aveva qualcosa di suo da raccontare, frutto dell’attenta osservazione del suo mondo e dell’umanità che lo popolava (quell’Abruzzo di cui andava fiero e che sentiva dentro) e la grande padronanza della chitarra gli consentì di farlo in un modo originale. 

Graziani si è inventato insomma un linguaggio nuovo, a metà tra il rock e la canzone d’autore, che non era stato praticato in precedenza. E quella è stata la sua cifra stilistica. Forse non capita da tutti ma sicuramente di un livello superiore a tanti altri che affollavano i palchi in quel periodo.

il centro di Teramo con le sue canzoni

Una scelta peraltro coraggiosa la sua, sicuramente agli antipodi della discografia di tendenza e commerciale che l’ha reso unico nel suo genere e inimitabile, ma che per rovescio della medaglia lo ha allontanato dal successo facile, quello fatto dalla visibilità, il can can mediatico, le classifiche.

"Lugano Addio", "Firenze (Canzone triste)", "Monnalisa", "Maledette malelingue", "Signora bionda dei ciliegi", “Limiti”, “Agnese dolce Agnese”, “Pigro” (tra i 100 album più belli della musica italiana secondo la rivista specializzata Rolling Stone), sono gemme di un ricca discografia mai banale ma qualitativamente alta che Graziani ci ha lasciato.

Brani entrati nella memoria collettiva dove la malinconia crepuscolare di amori perduti e sognati sottolineati da assoli di chitarra, si fonde con il ricordo per un grande artista che ha regalato emozioni senza risparmiarsi fino all’ultimo.

Ivan era un artista completo con un repertorio in bilico tra rock e ballate di rara bellezza e con una lunga gavetta e carriera nel corso della quale ha incrociato tanti illustri colleghi. Tra i tanti Lucio Battisti, con cui Graziani collaborò per molto tempo, suonando la chitarra in alcuni dei suoi album e in una ricercatissima versione inglese de “Il Nostro Caro Angelo”.

Ivan e Lucio, due artisti unici

La PFM, scrivendo “From Under”, nell'album “Chocolate Kings”, e rischiando, ad un certo punto, di diventare il cantante della band, Francesco De Gregori (ha suonato nell’album “Bufalo Bill”), ancora Antonello Venditti, che collaborò alla realizzazione dei primi album di Ivan, che, a sua volta, aveva suonato in “Ullalla” del cantautore romano.

E poi Ron con cui fece un tour, compose “Canzone senza inganni” e realizzò un Q-disc (“a sei mani”) insieme anche a Goran Kuzminac, la Bertè (“BandaBertè”), l'amico Renato Zero, che gli fu molto vicino negli ultimi anni, con cui scrisse “La nutella di tua sorella”.

In questi anni, nel suo studio di registrazione, “Officine Pan Idler”, sono stati finalmente “aperti” con nuove tecnologie alcuni nastri lasciati dall’artista, all’interno sono state trovate molte tracce inedite su cui i figli, Filippo e Tommaso che tengono viva la memoria del padre con concerti-tributi, stanno lavorando.

Questo è il loro impegno per poterle pubblicare proprio nel 2022, a venticinque dalla sua scomparsa. E questo è anche l’auspicio dei tanti fans club dedicati ad Ivan Graziani e di tutti quelli che hanno amato la sua musica e che vorrebbero che continuasse ad emozionarci.

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