venerdì 4 gennaio 2019

My way, 50 anni di un successo

di FRANCESCO TRONCARELLI


E pensare che non la voleva neanche cantare. "Frank, ho una cosa speciale per te" gli aveva annunciato al telefono Paul Anka, ma The Voice nicchiava, non sembrava interessato a tornare in sala d'incisione, Natale poi era alle porte e il tepore della sua villa a Malibù che si affacciava sul Pacifico ci metteva il resto.

Poi nel giro di qualche giorno, complice la figlia Nancy che ascoltando il pezzo ne aveva subito intuito la forza, si realizzò tutto. Arrangiamento a misura di Sinatra del fidato Don Costa e buona la prima per la registrazione. Il 30 dicembra del 68 "My way" era un disco e nel Capodanno del 1969, giusto 50 anni fa, veniva eseguita per la prima volta al Cesar's Palace di Las Vegas davanti a un migliaio di fan estasiasti.

"My Way" enfaticamente cantata dal caro e inossidabile "Ol' Blue Eyes" accompagnato dal crescendo incalzante della musica, divenne in poco tempo un successo stratosferico ancora oggi riproposto ovunque. Quel brano da quel capodanno di 50 anni fa è diventato uno standard internazionale con centinaia di cover e tuttora è una delle canzoni più eseguite e conosciute nel mondo che frutta quasi un milione all'anno per i diritti d'autore.

Ma è soprattutto la canzone che identifica immediatamente il suo interprete principe, Frank Sinatra, ovvero la voce più aristocratica e popolare al tempo stesso del Novecento, l'entertainer capace di ammaliare con il suo carisma e il suo swing il pubblico di tutto il mondo, l'artista che in questo brano vedeva rappresentata la sua vita, il suo modo di vivere, la sua voglia di vivere a modo suo.  

Una canzone cucita addosso su di lui, ma inizialmente non scritta per lui. Prima che entrasse in scena Paul Anka, c'erano stati infatti addirittura due autori e due versioni di questo brano. Ma andiamo con ordine perchè la sua storia è veramente particolare.


Nel 1967 un cantante che non aveva mai raggiunto il grande successo, Jacques Reveaux, compone la famosa melodia con un testo in inglese quasi maccheronico e lo intitola "For me". Agli addetti ai lavori il testo non piacque.


Brano triste, musica già sentita: fu il giudizio del produttore Gilbert Marouani al primo ascolto. Anche Hervé Vilard (sua "Riderà" cantata da Little Tony), al quale la canzone era destinata, espresse un parere identico, e la canzone tornò nel cassetto.

Di parere diverso invece Claude François, cantante nato in Egitto da padre francese e madre italiana,  beniamino del pubblico francese e assiduo nella Hit parade d'oltralpe. Sente la canzone e la trova adatta per descrivere la sua vicenda biografica.


Era stato lasciato da France Gall, la biondina della generazione ye yè sbarcata a Sanremo in coppia con la Cinquetti per "La pioggia", dopo una relazione di tre anni. Lavorando con il paroliere Gilles Thibaut, scrisse un testo descrivendo la fine di un amore divenuto ormai routine, ma che avrebbe voluto che continuasse, e gli diede così il titolo "Comme d'habitude" (Come al solito).


Il pezzo così rielaborato a detta dello stesso François «fu un grido che usciva dal cuore perché ero veramente disperato». Caratteristica della composizione era la linea melodica del ritornello, che lo stesso François definì "refrain pont", costituita da un crescendo fino alla frase clou del pezzo (Comme d'habitude che in inglese diventò I did it my way).

La canzone iniziò a girare per la radio ed in Francia, proprio in quel periodo, si trovava Paul Anka, l'ex golden boy dello star system a stelle e strisce esploso in tutto il mondo col suo "Diana". Anche lui colpito da quella melodia così trascinante, pensò che quella canzone potesse essere "riscritta" in inglese, per il suo amico Frank di cui aveva raccolto nel corso di una cena, le confidenze.

Sinatra, che all’epoca aveva 53 anni, aveva divorziato da poco da Mia Farrow e nel corso della sua carriera aveva vissuto diversi momenti di crisi, si era lasciato andare a discorsi depressivi confidandogli di voler abbandonare lo spettacolo subito dopo aver inciso un ultimo disco.

Fu sulla base di quella conversazione che uscì il celebre testo di Anka. Gli era venuto fuori di getto, in una notte, ripensando alle parole pronunciate quella sera da The Voice in un processo di totale immedesimazione con lui e immaginando come sarebbe potuta avvenire la sua definitiva uscita di scena.


Anche la rudezza del lessico era imitativa del linguaggio dei mafiosi con cui Sinatra usava accompagnarsi, e rifletteva il gusto della cosiddetta Rat Pack, quella comitiva di amici composta da Dean Martin, Sammy Davis jr e Peter Lawford, dediti al bere, al gioco, alle notti folli, che si vantava di essere del tutto indifferente al giudizio altrui, di cui Sinatra era il leader.
"My Way" voleva essere il racconto della parabola esistenziale e professionale, tra continui alti e bassi, della leggenda di The Voice, una sorta di inno alla sua egocentricità e alla sua vita di uomo discusso ma molto amato.

Il brano ricevette un’accoglienza buona in America ed entusiastica in Gran Bretagna, ed è diventato nel corso del tempo uno dei pezzi pop più celebri della storia della musica, riproposto da decine di band e cantanti come detto, da Elvis a Bublè, da Nina Simone a Sid Vicius. Frank Sinatra invece che alla canzone aveva dato la notorietà e per così dire l'immortalità, non la amò mai e anzi finì per detestarla, assillato come era dalle innumerevoli volte in cui fu costretto a eseguirla, perché la trovava pomposa e troppo autocelebrativa.


Ma il destino di questo brano intramontabile era ormai scritto e legato indissolubilmente a quella voce che aveva segnato un'epoca ed emozionato milioni di persone. Oggi 50 anni dopo quella prima volta, "My way" è uno dei pezzi più richiesti per feste di compleanno, ricorrenze particolari e per i funerali in Gran Bretagna e in America. Lo vogliono tutti, ma no Sinatra che per sè, sulla sua tomba, ha voluto il titolo di un altro cavallo di battglia, meno retorico e più ottimista, "The best is yet to come" ovvero il meglio deve ancora venire.

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