martedì 6 febbraio 2024

Sanremo Rhapsody, quando i Queen andarono al Festival

di FRANCESCO TRONCARELLI


Festival della canzone italiana, ma anche vero e proprio show, con tanto di ospiti stranieri a dare lustro alla manifestazione e chiamati soprattutto per aumentare la platea televisiva con i rispettivi fan e gli apassionati del pop internazionale. Questo è stato Sanremo da sempre, o meglio da quando è stato trasformato in uno spettacolo con al centro la gara fra cantanti nostrani e col contorno di artisti e gruppi di fama mondiale.

E in questo contesto di spettacolarizzazione della kermesse canora più seguita del Belpaese, ricordiamo la presenza dei Queen nel 1984, un'esibizione che fece epoca in pieno boom del gruppo inglese presente in tutte le classifiche del mondo con i suoi brani.

Successe nell'edizione numero 34 del Festival che si tenne al teatro Ariston di Sanremo dal 2 al 4 febbraio 1984, condotto da un Pippo Baudo in grande spolvero e al rientro al Festival dopo il suo esordio nel 1968, affiancato nella conduzione da una serie nutrita di vallette come Edy Angelillo, Elisabett Ardini, Inris Peynado e Tiziana Pini.

Un Sanremo che andò benissimo, e che catturò l'attenzione degli italiani che alla fine risultarono circa 80 milioni ripartiti nelle tre serate con 6 milioni e mezzo di votanti tramite il Totip che decretarono la vittoria di Al Bano e Romina con il brano "Ci sarà". 
 
Successo anche per Patty Pravo tornata sulle scene dopo alcuni anni di silenzio, con il brano "Per una bambola" che si aggiudicò il Premio della critica e per l'emergente Fiordaliso (a cui andò anche il plauso di Freddie Mercury, che aveva assistito alla sua esibizione), che con "Non voglio mica la luna", divenuta un evergreen della musica italiana, ottenne anch'essa successo a livello internazionale.
 
Costoso l'allestimento scenografico (la celebre scala da dove scese Claudio Villa per intonare il suo "Un amore così grande"), imponente la presenza di addetti ai lavori, con ben 2700 pass per giornalisti e commentatori accreditati. 

Fu l'edizione che vide l'esordio di una competizione parallela, quella delle Nuove proposte vinta dal debuttante Eros Ramazzotti con "Terra promessa" a fianco a quella principale, ribattezzata Big
 
I Queen, facevano parte della schiera di ospiti eccellenti chiamata dall'organizzatore Gianni Ravera in cui c'erano Paul Young, Culture Club, Stephen Schlaks, Randy Crawford e Bonnie Tyler, presentarono "Radio Ga Ga", pezzo appena inciso tratto dall’album "The Works" e scritto dal batterista Roger Taylor che diventerà uno dei loro successi più conosciuti.

Si esibirono in due serate. Entrarono in scena entrambe le volte sul tardi, la prima, la più attesa, la sera del 3 febbraio, annunciati da un Beppe Grillo scatenato con le sue battute e dal padrone di casa Baudo in veste di spalla. Ma la prima volta in Italia, fu "strana", insolita per una band che dal vivo, nei concerti, riusciva a dare il meglio di sè.

Performance a parte di Freddie Mercury infatti, come si può notare dal video che pubblichiamo, l'esibizione è in playback. La somiglianza con la versione incisa in studio della canzone è evidente e la voce di Mercury è fin troppo "ferma". Questo perchè la politica della RAI di quegli anni imponeva agli artisti questa condizione per esibirsi sul famoso palco del teatro Ariston.

L'orchestra infatti non c'era e tutti i cantanti in gara e in passerella come guest star, dovevano adattarsi al playback. Una scelta tecnica sicuramente dettata dalla facilità con cui si poteva (e si può volendolo, anche ora) inserire una band a metà spettacolo senza dover perdere tempo nel regolare i volumi degli strumenti.

Gli stessi fonici che seguivano i vari gruppi internazionali quindi non erano necessari, e così si risparmiava sul budget evitando che un estraneo potesse mettere mano al sistema di mixing della manifestazione. Si eliminavano poi tutti i vari microfoni necessari ad amplificare e regolare i vari strumenti e si evitavano anche brutte figure, leggi stonature, cosa peraltro non ascrivibile ai Queen, ma la regola doveva valere per tutti non ammettendo deroghe.

Come è facilmente immaginabile, Freddie Mercury non la prese bene. Lo si vede, canta in playback sì, ma in un certo qual modo si prende gioco dell’intera situazione, allontanando da sé il microfono volutamente più di una volta. Va bene che la sua voce è molto potente, ma senza microfono è chiaro che non potrebbe mai essere percepita come si sente dal palco.

Una sorta di presa in giro insomma a quel "sistema" che voleva imbrigliare la sua voce unica e che lo spinge al termine della performance ad andarsene senza salutare Baudo che lo insegue.



Scritta da Roger Taylor ed ispirata come si capisce da alcune parole pronunciate dal figlio piccolo dell'autore, "Radio Ga GA"è una canzone sul periodo d'oro della radio e sulla nostalgia per quello che un tempo veniva considerato un componente della famiglia a tutti gli effetti.

Il testo fa riferimento anche al nuovo potere mediatico esercitato dal canale di video musicali  MTV, il cui avvento ha scalzato la radio come mezzo principale per promuovere i dischi. Ironia della sorte, gli stessi Queen avevano pesantemente contribuito a ridefinire il concetto di videoclip con "Bohemian Rhapsody" nel 1975.

Questo brano riporto la band ai vertici del successo dopo il flop causato dal disco "Hot Space", giudicato troppo diverso dagli altri, ed è il primo singolo dei Queen che va in testa alla Hit Parade del nostro paese. Durante i concerti il pezzo "sanremese" divenne uno dei brani preferiti dal pubblico, che partecipava battendo all'unisono le mani sulla sequenza di applausi suggerita dal ritmo del ritornello.

Celebre ed indimenticabile è l'esecuzione effettuata nel luglio 1985 al  Live Aid, quando Mercury eseguì il testo sul ritmo delle mani battute da tutto lo Wembley Stadium e che anche i millenials hanno potuto rivivere nella scena clou del bel film interpretato da Rami Malek che racconta la storia e la carriera del frotman dei Queen e che ha ottenuto un successo clamoroso di critica e di pubblico.

Nessun commento:

Posta un commento

Alessandro Momo, 50 anni dopo

 di FRANCESCO TRONCARELLI Chissà cosa avrebbe detto della Lazio di Baroni Alessandro Momo. Sicuramente sarebbe stato contento di vederla gio...