Una faccia da simpatica canaglia e un fisico da culturista. E soprattutto uno degli artisti atleti più influenti e rappresentativi di tutti i tempi, nonché l'attore più famoso nel mondo delle pellicole incentrate sulle arti marziali cinesi.
Quei film, realizzati a Hong Kong e a Hollywood, che elevarono a un nuovo livello di popolarità e gradimento racconti di storie orientali condite di combattimenti all'ultimo colpo proibito, tra salti in aria, calci al volo e piroette spettacolari fra il buono, Bruce Lee appunto, sempre vincitore e i cattivi, tanti e invidiosi della sua abilità ma che andavano sempre al tappeto.
Film d'azione dove il "piccolo Drago" e il suo Kung Fu lasciavano gli spettatori stupefatti, rapiti da quelle immagini che proponevano duelli epici e strabilianti. Sicuramente non dei capolavori della cinematografia ma comunque ideali per riempire le sale di seconda visione o prima di quartiere (l'America a Trastevere, il Madison a Ostiense, l'Arizona a Marconi) dove si affollava un pubblico attratto dai film d'azione e gli appassionati di questi sport.
Il campione dei campioni era nato nella Chinatown di San Francisco durante una tournéè negli Stati Uniti della compagnia della quale facevano parte i genitori. Tornata a Hong Kong tre mesi dopo la sua nascita, la famiglia fece vivere gran parte dell'adolescenza di Bruce fra l'ex colonia britannica cinese e gli Usa, dove il futuro attore frequentò un corso di laurea in filosofia.
Talento versatile e con una giovinezza irrequieta addomesticata alla scuola di Kun Fu del maestro Yip Man, Bruce Lee trovò nel Cinema la sua strada, cominciando prima con particine in pellicole di genere e serie tv per poi passare al ruolo di protagonista, in film scritti da lui, in cui veniva ridisegnata la figura dei cinesi che nei film erano sempre visti come domestici o mafiosi.
Lee interpretò il suo primo ruolo da protagonista nei film Il furore della Cina colpisce ancora del 1971 a cui seguì Dalla Cina con furore del 1972, grazie ai quali ottenne un enorme celebrità internazionale. Forte di questo successo fondò una propria casa di produzione, la Concord Production Inc., in società con Raymond Chow della Golden Harvest.
Sotto tale egida co-produsse, scrisse, diresse e interpretò L'urlo di Chen terrorizza anche l'Occidente nel 1972, in cui fece comparsa anche Chuck Norris, divenuto poi uno degli attori più famosi di un certo cinema d'azione.
E questo è stato il film che ha portato nella Città eterna Bruce Lee per girare soprattutto gli esterni della pellicola, a cominciare da quelli nell'aeroporto di Fiumicino per proseguire nelle vie e strade del centro ed è il film in cui c'è la famosa scena del combattimento nel Colosseo, sulla scia dei Gladiatori che furono, che è diventata la più celebre nella storia del cinema di arti marziali.
Ma andiamo con ordine. Era l'11 maggio del 1972, quando una piccola troupe cinematografica scende all’Hotel Flora di via Veneto proveniente da Hong Kong. Il gruppo si era trasferito a Roma, per girare il più grande spot gratuito che il Colosseo, una delle sette meraviglie del mondo, avesse mai avuto.
Il soggiorno del capobranco di quel gruppo di artisti e tecnici della cinematografia orientale, fu improntato oltre alle riprese anche alla visita delle bellezze dei monumenti e dei luoghi tipici come si conviene per chi sbarca nella Caput mundi.
Lee fu avvistato a pranzo dal "Bolognese" di piazza del Popolo dove addentò il Carrello del bollito, specialità della casa e alla Taverna Flavia di Mimmo Cavicchia dove, lui invincibile sul set e nella vita, fu steso clamorosamente da una mozzarella di bufala da tre chili.
Poi un salto alla Mondadori per acquistare il manuale di karate del maestro Augusto Basile, la scarpinata per salire su al Campidoglio per vedere la statua equestre di Marco Aurelio e la passeggiata a piazza Navona (dove saranno girate alcune scene) tra le fontane di Bernini e la maestosità della chiesa firmata da Borromini. Come un normale turista.
Già perchè Bruce Lee a Roma fece meno effetto del Marziano di Flaiano. Nessun servizio giornalistico, nessuna paparazzata in cronaca figurarsi un cenno in televisione. Uno, nessuno, centomila, confuso pirandelliamanete fra i tanti turisti in vacanza.
La solitudine da numero uno della sua trasferta in terra de noantri, si può condensare in una foto, magnifica, incredibile, inaspettata, che nella sua essenzalità dice tutto non solo di quelle giornate di permanenza a Roma del maestro di karate e dintorni, ma anche e soprattutto di un'epoca.
Il "Piccolo drago" è ritratto a piazza Navona, poco più avanti del Bar Colombia, in un posto che in quegli anni era da sempre "attenzionato" dalla Madama (la polizia) soprattutto la sera, per essere punto di riferimento di malandrini del rione, cascamorti con le turiste e travestiti di passaggio.
Dietro di lui una Pantera verde militare, la mitica Alfa Romeo con cui la piesse ingaggiava mirabolanti inseguimenti coi ladroni e banditi sparsi sul territorio, resa celebre in tanti poliziotteschi con Maurizio Merli e Luc Merenda. E' un'immagine quindi che parla da sola perchè riunisce a sorpresa due miti del Cinema anni 70.
Ma questa foto che nella casaualità dello scatto rappresenta un mondo che non c'è più, dice anche altro. Alle spalle di Bruce, con l'aria del finto tonto che invece è sempre sul pezzo, un maresciallone del Primo distretto competente per zona.
Con quei baffetti alla Saro Urzì che rimandano immediatamente alle atmosfere meridionali di "Matrimonio all'italiana" e col suo segno distintivo che lo contraddistingue, il cappello. Quello che una volta non poteva mancare sulla testa degli agenti della vecchia guardia come insegna l'"Indagine su un cttadino al di sopra di ogni sospetto" con Volontè.
Il sottufficiale è lì, vigile, ha osservato questo straniero dagli occhi a mandorla dall'aria strafottente e il giubbotto jeans come certi ragazzacci e lo cura. "Come si muove lo stango", il suo probabile pensiero preventivo nel timore di chissà quali comportamenti del nostro eroe. Ma ovviamente finirà tutto nel nulla.
Lee fu avvistato a pranzo dal "Bolognese" di piazza del Popolo dove addentò il Carrello del bollito, specialità della casa e alla Taverna Flavia di Mimmo Cavicchia dove, lui invincibile sul set e nella vita, fu steso clamorosamente da una mozzarella di bufala da tre chili.
Poi un salto alla Mondadori per acquistare il manuale di karate del maestro Augusto Basile, la scarpinata per salire su al Campidoglio per vedere la statua equestre di Marco Aurelio e la passeggiata a piazza Navona (dove saranno girate alcune scene) tra le fontane di Bernini e la maestosità della chiesa firmata da Borromini. Come un normale turista.
Già perchè Bruce Lee a Roma fece meno effetto del Marziano di Flaiano. Nessun servizio giornalistico, nessuna paparazzata in cronaca figurarsi un cenno in televisione. Uno, nessuno, centomila, confuso pirandelliamanete fra i tanti turisti in vacanza.
La solitudine da numero uno della sua trasferta in terra de noantri, si può condensare in una foto, magnifica, incredibile, inaspettata, che nella sua essenzalità dice tutto non solo di quelle giornate di permanenza a Roma del maestro di karate e dintorni, ma anche e soprattutto di un'epoca.
Il "Piccolo drago" è ritratto a piazza Navona, poco più avanti del Bar Colombia, in un posto che in quegli anni era da sempre "attenzionato" dalla Madama (la polizia) soprattutto la sera, per essere punto di riferimento di malandrini del rione, cascamorti con le turiste e travestiti di passaggio.
Dietro di lui una Pantera verde militare, la mitica Alfa Romeo con cui la piesse ingaggiava mirabolanti inseguimenti coi ladroni e banditi sparsi sul territorio, resa celebre in tanti poliziotteschi con Maurizio Merli e Luc Merenda. E' un'immagine quindi che parla da sola perchè riunisce a sorpresa due miti del Cinema anni 70.
Ma questa foto che nella casaualità dello scatto rappresenta un mondo che non c'è più, dice anche altro. Alle spalle di Bruce, con l'aria del finto tonto che invece è sempre sul pezzo, un maresciallone del Primo distretto competente per zona.
Con quei baffetti alla Saro Urzì che rimandano immediatamente alle atmosfere meridionali di "Matrimonio all'italiana" e col suo segno distintivo che lo contraddistingue, il cappello. Quello che una volta non poteva mancare sulla testa degli agenti della vecchia guardia come insegna l'"Indagine su un cttadino al di sopra di ogni sospetto" con Volontè.
Il sottufficiale è lì, vigile, ha osservato questo straniero dagli occhi a mandorla dall'aria strafottente e il giubbotto jeans come certi ragazzacci e lo cura. "Come si muove lo stango", il suo probabile pensiero preventivo nel timore di chissà quali comportamenti del nostro eroe. Ma ovviamente finirà tutto nel nulla.
Bruce infatti proseguirà la sua ricognizione fra turisti come lui e piccioni in cerca di cibo e all'indomani sarà nuovamente nella piazza per iniziare a girare con Malisa Longo e Nora Miao. Ma la ripresa che tutti ricordano del film e che ha fatto impazzire il pubblico nel mondo non è stata quella girata nella piazza, ma quella del duello nel Colosseo.
Il combattimento fra Lee e Norris richiese tre giorni di riprese e venti pagine di copione, dettagliatamente coreografate da Lee stesso. Il service che aiutò l'attore nelle riprese romane era fornito dal produttore Riccardo Billi, che sposerà l'attrice e modella Malisa Longo, scelta dal Re del Kung Fu per il ruolo della prostituta a piazza Navona.
Billi poi rifiuterà la proposta del karateka di investire 120 milioni di lire nel film successivo (Game of Death) giacché l'attore cinese era allora quasi sconosciuto fuori da Hong Kong e quindi secondo il nostro produttore il ritorno non sarebbe stato adeguato all'investimento. Errore clamoroso.
Ma la circostanza che sorprenderà molti non è tanto che non ci fu un seguito, ma che quella che è la scena clou del film, il combattimento appunto all’ultimo sangue fra Bruce Lee e il campione di Karate Chuck Norris assoldato da una banda di mafiosi per eliminare il Piccolo Drago, non si svolse nel vero Colosseo.
Incredibile ma vero. La troupe infatti non ottenne il permesso di girare dalla Sovrintendenza capitolina. Dovettero così ricostruire gli interni dell’Anfiteatro Flavio a Hong Kong, negli studios della Golden Harvest dove tornarono per completare il film.
Il primo esempio di riproduzione made in China, di un manufatto tipicamente italiano. Il primo di una lunga serie che dura ancora oggi.
Molto bello! Ancora una volta Francesco è riuscito a farmi rivivere momenti indimenticabili in una Roma chel non c'è più
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