giovedì 12 marzo 2020

Arrivano i cinesi: Bruno Lauzi l'aveva previsto...

 di FRANCESCO TRONCARELLI


Della Scuola genovese, era quello più defilato, meno protagonista, il più anticonformista di tutti quegli anticonformisti, che con la loro musica cercavano un nuovo corso nella musica leggera ispirandosi agli artisti francesci. Bruno Lauzi era insomma più controcorrente di Gino Paoli, Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco e Umberto Bindi.

Era un poeta della canzone, uno chansonnier, un autore raffinato, ma soprattutto un uomo dotato di ironia (che mancava terribilmente ai suoi colleghi e amici) e uno spirito libero, liberale nel vero senso della parola nonchè in quello politico.

Questo gli permetteva oltre a scrivere capolavori come "Ritornerai"; "Il poeta", "Piccolo uomo" e "Almeno tu nell'universo" (uno dei pochi che è stato sempre vicino a Mia Martini) anche di non prendere sul serio certi attegiamenti e mode e come cabarettista al mitico Derby di Milano, quello che riteneva eccessivo o sfacciatamente esagerato.


Ecco in riferimanto a questo suo aspetto, c'è un brano che è tutto un programma. Un pezzo per certi versi profetico che la dice lunga sulla sua capacità di sorridere su tutto e tutti e di vedere oltre. Una canzone dimenticata come lui peraltro, di cui non parla mai nessuno neanche nelle rievocazioni di personaggi o artisti con cui ha collaborato, scritto quando ovviamente il "politicamente corretto" non esisteva. Oggi solo Zalone potrebbe trattare un argomento simile senza che si gridi allo scandalo.

E' un brano che dopo i primi clamori, venne osteggiato a prescindere, col solo Arbore, goliarda impenitente e grande intenditore di musica, disposto ad invitarlo nella sua trasmissione per farglielo cantare, finendo così per essere boicottato dai chi dirigeva i canali radio e da chi passava i dischi nei vari programmi, per non mettersi contro il pensiero dominante. Una sorta di censura cautelativa per quieto vivere insomma, la peggiore.

S'intitola "Arrivano i cinesi" ed è stato inciso nel 1969, in tempi non sospetti quindi, ed era dedicato agli acritici estimatori della Cina di Mao Zedong. Era una canzone sottolineata da garbata ironia che ovviamente venne poco apprezzata da chi in quegli anni aveva "scoperto" la Cina comunista come nuovo paradiso del potere al popolo e giustizia sociale, contrapposto al capitalismo consumista rappresentato dagli americani e alla ormai burocratizzata Unione Sovietica.

L'attenzione verso la Cina accomunava settori della intellettualità di sinistra e alcuni movimenti cosidetti extraparlamentari critici col PCI, Mao era invariabilmente chiamato "sole rosso nel cuore di tutti i rivoluzionari del mondo" e Lin Piao (il suo delfino) che compariva sempre assieme a lui in ogni fotografia ed ogni articolo era invariabilmente chiamato "il suo stretto compagno d'arme Lin Piao".


Tutto un mondo al quale si era anche ispirato Marco Bellocchio per il suo film (mai più riproposto nelle sale e in tv) "La Cina è vicina", uno slogan di quegli anni, che però non puntava la sua dissacrante satira solo verso i filo-cinesi ma anche contro la borghesia. E' evidente che i tentativi di scherzarci sopra di Bruno Lauzi o di Jacques Dutronc col suo "Et moi, et moi, et moi" o di Nino Ferrer che in Francia avevano scritto e cantato brani su questa scia critica, fossero visti piuttosto male.

Ma Bruno Lauzi, padre antifascista e madre appartenente a una famiglia di fede ebraica, seppur minuto nel fisico aveva le spalle larghe e se ne fregava, come Achille Lauro, di essere malvisto ed essere attaccato e andava dritto per la sua strada, divertendosi e ironizzando con la musica. Del resto lui rimaneva sul leggero, quell'immagine dei cinesi che sorpassano agli incroci (di corsa? in bicicletta?) era davvero irresistibile.

Non manca nel pezzo l'accenno realistico con il grande inviato della RAI Ruggero Orlando nel ruolo di cronista dello storico evento: lo sbarco dei cinesi in Italia. Lui che aveva annunciato in diretta proprio quell'anno quello del primo uomo sulla Luna.

A distanza di cinquant'anni, archiviata da tempo nella stessa Cina la rivoluzione culturale con la messa al bando del gruppo dirigente vicino a Mao (la cosiddetta "banda dei quattro") e la morte misteriosa di Lin Piao, e soprattutto con la piena conversione a un sistema capitalista dirigista, i cinesi sono poi veramente arrivati in Italia come profetizzava scherzando Bruno Lauzi. Soltanto che non sono mossi da alcuna spinta ideologica, ma da più prosaiche spinte economiche. E nessuno li ha visti mai sorpassare agli incroci.

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