sabato 18 luglio 2020

Peppino di Capri, 50 anni fa il trionfo al Festival di Napoli

di FRANCESCO TRONCARELLI


E' finito così senza un vero perchè, eppure in quella manifestazione sono passati gli artisti più importanti della musica leggera italiana, ospiti di grande richiamo e, cosa non da poco trattandosi di canzoni, brani che da quel palcoscenico hanno fatto il giro del mondo come "Guaglione" che nella versione di Dalida ("Bambino") ha dominato le classifiche internazionali o che sono considerati dei capolavori, un titolo su tutti, "Tu si na cosa grande" di Modugno".

C'era una volta il Festival di Napoli, poesia, passione e tanta musica, era nato nel 1952, un anno dopo quello di Sanremo, anche se la parola «festival» aveva la primogenitura partenopea, essendo stata usata per la prima volta nel 1931, quando Ernesto Murolo, padre d Roberto ed Ernesto Tagliaferri firmarono un «Festival napoletano» nel casinò della città.  

Una rassegna dedicata alla canzone del "paese do Sole" che vanta radici importanti non solo nella cultura popolare di quella terra (a cominciare da Piedigrotta) ma anche di quella del Bel paese, una passerella importante per molti nomi che hanno fatto la storia della canzone napoletana come Aurelio Fierro, Maria Paris, Mirna Doris, Nunzio Gallo, Sergio Bruni, Mario Merola, Fausto Cigliano, Mario Abbate, Peppino Gagliardi, Tony Astarita, Mario Trevi per citarne solo alcuni, come anche di quella italiana.

Ci riferiamo ad Ornella Vanoni, Domenico Modugno, Claudio Villa, Renato Rascel, Nilla Pizzi, Johnny Dorelli, Carla Boni, Gino Latilla, Achille Togliani, Luciano Tajoli, Jula De Palma, Iva Zanicchi, Teddy Reno, Betty Curtis, Wilma De Angelis, Giorgio Gaber, Fred Bongusto, Wilma Goich, Carmen Villani, Don Backy, Tony Dallara e persino Teo Teocoli, l'Equipe 84 e i Giganti che hanno partecipato a varie edizioni della manifestazione.

Napoli con le sue canzoni era insomma al centro dell'interesse, come Sanremo, proponendo tra l'altro la doppia esibizione dei brani in gara, prima che la istituisse anche il festival della Riviera. Erano i tempi di brani come "Malinconico autunno», «Lazzarella», «Vurria», «Tuppe tuppe mariscia'», «Sarrà chi sa» "Vieneme nzuonno», "Sciummo" e «Cerasella" che oltre a scalare le classifiche diedero vita a film (i famosi musicarelli con un giovane Massimo Girottti non ancora Terence Hill e una rampante Claudia Mori protagonisti) e commedie musicali.

Mario Girotti-Terence Hill e Claudia Mori sul set di "Cerasella"

Canzoni di successo e pezzi stracantati da tutti, proposte che avevano un mercato florido e un pubblico attratto da quel "Canta Napoli", slogan-tormentone di Renato Carosone che rendeva bene l'idea di un popolo in musica e in festa. Una lunga storia insomma che esattamente 50 anni fa, aveva però il suo epilogo nell'ultima edizione. Che si svolse in trasferta nell'Isola Azzurra, ombelico della mondanità e del jet set internazionale.

Il palco era montato sulle scale della chiesa nella celebre Piazzetta, presentatore ufficiale il bravo e già navigato Daniele Piombi coadiuvato da Gloria Christian ed Enzo Berri glorie locali. Tra gli ospiti Carlo Dapporto, Antonella Steni, Enrico Simonetti, Alberto Lupo, Pietro De Vico ed anche gli Showmen, i primi alfieri di quel neapolitan power che di lì a poco avrebbe stravolto proprio gli stereotipi della canzone napoletana tutto "ammore-còre-tradimenti e chella là".

In quella calda estate del 1970, c'era un favorito, Peppino Di Capri, che giocava in casa. Mimmo Di Francia un degli autori più bravi e preparati delle nuove leve (in seguito scriverà "Champagne" e "Balliamo"), aveva composto per lui «Me chiamme ammore», Peppino aggiunse l'intro e la canzone, romantica e con una melodia avvolgente, sembrò perfetta per quel festival.

La scelta del secondo interprete su indicazione della casa discografica, cadde su Gianni Nazzaro, artista emergente che aveva riscosso un certo successo nel Girone B del Cantagiro ed aveva già un considerevole seguito di fan per la sua bella presenza. La direzione dell’orchestra fu affidata al Maestro Tony Iglio che aveva arrangiato il brano. 

‘Me Chiamme Ammore’ ricevette subito grandi consensi e, presentata nella seconda serata del festival, volò al primo posto” con i voti delle giurie. I giornali davano favorite tre coppie: Peppino di Capri e Gianni Nazzaro, Mario Merola e Mirna Doris con 'Chitarra Rossa' e la coppia Franco Franchi Angela Luce con '‘O Divorzio'. 

Terminata la diretta dalla Piazzetta di Capri, il primo canale RAI aveva dato la linea al telegiornale per le ultime notizie della notte. Come avviene ancora oggi per Sanremo. Al termine del TG, la "signorina buonasera" annunciò ‘tra pochi minuti ci collegheremo nuovamente con Capri per i risultati finale del Festival di Napoli’. 

Dietro le quinte, l'attesa era spasmodica e la tensione si tagliava a fette. Vincere il festival sarebbe stato un volano per le serate della stagione estiva, i passaggi televisivi e la vendita del disco. Mentre Piombi con la sua diplomatica verve intratteneva pubblico e spettatori, arriva il verdetto dal Notaio che aveva verificato i voti provenienti dalle giurie di tutta Italia: ‘Ha vinto ‘Me Chiamme Ammore’!’.

E fu apoteosi per Peppino subito osannato dal boato della Piazzetta e dal pubblico a casa. Da quel momento infatti, a seguito di quella vittoria, di Capri tornerà nel cuore del grande pubblico ("Amare di meno" per Rischiatutto, "Una catena d'oro" al Disco per l'estate, vittoria a Sanremo col brano di Califano, "Champagne" sucesso mondiale...), dopo l'inevitabile appannamento dovuto per il cambio dei gusti musicali avvenuto sul finire degli anni Sessanta. 

La serata finale del 18 luglio 1970, fu vista da circa venticinque milioni di spettatori (share bulgaro) e la vittoria venne festeggiata con amici, fan e vip allo Splash, il locale caprese di Peppino, tra interviste, fotografi scatenati e tanta felicità. L’indomani arrivò anche un telegramma di Domenico Modugno che si congratulava per la vittoria.

La canzone è rimasta nel tempo, Peppino ancora oggi, 50 anni dopo quella magica vittoria avvenuta sotto la "luna caprese", la intona al momento dei bis con la sua melodia canaglia. Ed è rimasta anche come ultima vittoria ufficiale di un Festival tanto amato e seguito, ma poi dissolto senza colpe proprie se non quelle di essere portavoce di una Napoli più da cartolina che da finestra sulla quotidianità.



Si perchè dopo quello svoltosi a Capri, non ci fu più il festival. La diciannovesima edizione della manifestazione, quella dell'anno successivo, il 1971, che doveva tornare alla casa madre al teatro Mediterraneo del capoluogo partenopeo, non prese mai il via.

Alcuni autori esclusi dalla kermesse, paventando dei brogli, presentarono una denuncia alla Procura della Repubblica e tutto si fermò in prossimità del via. Il colpo di grazia a una sistuazione di stallo lo diede la Rai che ritirò le tecamere per «motivi di ordine pubblico» allontanando di fatto l'interesse del pubblico.

E il Festival praticamente si sciolse, si avvitò su se stesso sino alla autodistruzione, cancellando anni e anni di gloriose serate e appassionanti melodie, non riuscendo poi a riprendersi sucessivamente dalle sue ceneri.

Gli innumerevoli tentativi di rilancio e/o imitazione della manifestzione nel corso degli anni, non sono stati in grado di riportarlo al centro dell'attenzione nè ai fasti del passato nè, tantomeno, a imporre successi di grande richiamo come una volta.

Cinquant'anni dopo di quel piccolo mondo antico che fermava una città (ricordate "Operazone San Gennaro" con Manfredi e Totò?) ed interessava una nazione sprofondata sul divano di casa è rimasto poco, sicuramente Peppino Di Capri con la sua classe e la sua inconfondibile voce e con lui quel brano romantico che pose fine a un'epoca. Quando Napoli andava a 45 giri.


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